2016-07-05 15:05:00

Brexit, Jahier (Cese): crisi classe media inquieta l’Europa


Sconvolgimento brutale non solo per la Gb

“La Brexit è un terremoto di portata inedita che rappresenta uno sconvolgimento radicale per la vita e le prospettive della Gran Bretagna e uno sconvolgimento piuttosto brutale per la stessa Unione Europea e il suo cammino. La stragrande maggioranza delle realtà organizzate ha ben chiaro che si volta una pagina e ora il futuro rimane abbastanza incerto”. Il commento è di Luca Jahier, presidente del Gruppo interessi diversi del Comitato economico e sociale europeo (CESE), la più antica assemblea partecipativa dell’Unione Europea, istituita sessant’anni fa dal Trattato di Roma,  che con i suoi 350 membri rappresenta tutte le componenti economiche e della società civile dei 28 Paesi e ne porta la voce dentro la procedura legislativa europea.

Chi è contento della Brexit?

“Se debbo applicare la regola che m’insegnò mia nonna - per giudicare un evento bisogna guardare a chi è più contento che sia avvenuto - il fatto che per l’esito del referendum britannico si siano felicitati l’Isis, Putin, Trump e, dietro le quinte, la Cina, che ha tutto da guadagnare dall’indebolimento dell’Unione Europea sulla scena mondiale, - aggiunge Jahier - diciamo che non mi sento troppo bene”.

Alta partecipazione popolare

“E’ vero che tutte le più grandi scelte politiche sono sempre prese con una grande carica di emozione e passione. Dunque, il fatto che la campagna per la Brexit sia stata caratterizzata da un alto livello emotivo non deve sconcertare. Il referendum per la Brexit ha avuto uno dei tassi di partecipazione al voto più elevato della storia della Gran Bretagna: la gente ha sentito l’importanza di questo momento per il futuro del Paese e ciò non può essere sottovalutato”.

Responsabilità classe dirigente

“Qui però – spiega Jahier – c’è una responsabilità grandissima e tremenda dell’intera classe dirigente che ha fallito nell’orientare le scelte e nell’assumersene la responsabilità. La prova ne sono le dimissioni a raffica e le crisi nel partito conservatore e laburista. E c’è un premier, Cameron, che ha compiuto un terribile gioco d’azzardo sulla pelle degli inglesi e su quella dell’Europa, costretta allo stallo negli ultimi anni, per un interesse puramente personale. Cameron sperava di ridurre al silenzio la destra antieuropea del suo partito, svuotare l’Ukip e ottenere la riconferma a premier. Il suo è stato un incredibile azzardo e la gente l’ha seguito. Una campagna giocata su grandi bugie portate avanti da vent’anni in cui la classe dirigente britannica non è ma riuscita a spiegare quali erano i reali vantaggi dello stare in Europa. Dirigenti che oggi si ritrovano a dover giustificare le menzogne che hanno raccontato. Come il fatto che da un giorno all’altro non avrebbero più dovuto pagare la Ue e questi soldi sarebbero stati disponibili per il servizio sanitario nazionale. Affermazioni che i leader della campagna dell’exit hanno dovuto smentire a poche ore dall’esito del voto”.

Crisi strutturale classe media

“C’è però un’altra componente di questa scelta che è forse la più grave”, conclude Jahier. “La Gran Bretagna ci suona una campana a morto di magnitudo rilevante ma che è la stessa che è suonata in Austria, in Francia, in Olanda e che crea mal di pancia in Germania, risuona anche in Finlandia e anima una parte non secondaria del dibattito italiano”. “Negli ultimi dieci, quindici anni si è creata una fascia significativa di popolazione che vive ai margini dei successi economici dell’Europa e paga il prezzo più alto della globalizzazione. Persone che hanno visto aggravarsi le proprie condizioni di vita e le proprie prospettive, a partire da una crisi economica che si trascina ormai da otto anni, e non vedono un futuro né per loro, né per i propri figli. Una crisi strutturale della classe media che svuota i corpi intermedi e i partiti tradizionali e esprime una domanda politica non raccolta. Storicamente, questi fenomeni di crisi di fasce così rilevanti della popolazione hanno sempre solo provocato chiusure, muri, reazioni isteriche contro il diverso. Sia il migrante di Calais, come il lavoratore polacco, salutato dieci anni fa come il salvatore della Gran Bretagna e oggi respinto. Questo dato che le leadership europee non riescono ad intercettare e di cui non riescono a farsi carico, è il vero prezzo su cui i populismi vari stanno giocando e il nodo vero sui cui dobbiamo ragionare”. 








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