Un rapporto sul Myanmar dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani evidenzia in particolare la critica situazione che vive la comunità musulmana dei Rohingya, proponendo azioni a lungo termine al nuovo governo, in carica dal febbraio 2016, dopo una lunga periodo dittattura militare durata oltre mezzo secolo, dal 1962. Al microfono di Valentina Onori, parla Ravina Shamdasani, portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani:
R. – In the Report that was just published by the United Nations Human Rights Office …
Nel Rapporto dell’Ufficio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite abbiamo documentato una vasta gamma di violazioni e abusi dei diritti umani. La comunità musulmana dei Rohingya, nello Stato del Rakhine in Myanmar, subisce la privazione arbitraria della nazionalità, la limitazione della libertà di movimento, minacce alla vita e alla sicurezza, la negazione al diritto alla salute e all’educazione e la limitazione dei diritti politici. Circa 120.000 Rohingya musulmani vivono dal 2012 nei cosiddetti “Idp Camps” (campi per sfollati interni) situati in varie parti dello Stato.
D. – Quali sono le condizioni in questi campi?
R. – The conditions in the camps are quite bad …
Le condizioni nei campi sono abbastanza gravi. Non
c’è assistenza sanitaria, ci sono casi di malattie gravi che mettono a rischio la
vita delle persone. A causa delle limitazioni alla loro libertà di movimento non possono
accedere facilmente ai servizi di assistenza sanitaria. In alcuni casi devono andare
in altri campi per usufruire dei servizi ospedalieri, anche nelle situazioni di emergenza.
Per poter entrare in un altro campo hanno bisogno di un permesso speciale. Quindi
la situazione è veramente disastrosa.
D. – Quali sono le indicazioni che il Rapporto vorrebbe dare al governo birmano?
R. - We are very encouraged because there is a new government …
Noi siamo molto fiduciosi perché il nuovo governo,
pur avendo ereditato problemi gravi in fatto di diritti umani, soprattutto quando
si parla delle minoranze del Paese, vediamo che ha iniziato con un approccio molto
costruttivo alla soluzione di questi problemi. Stanno interagendo con l’Onu e con
altri attori esterni per risolvere la situazione. Non sarà facile capovolgere la discriminazione
dominante ormai portata avanti da decenni in Myanmar. Tuttavia, questo Rapporto contiene
alcune raccomandazioni sintetiche e molto concrete che consentono di intervenire immediatamente:
si tratta di azioni che si possono compiere immediatamente per cercare, quantomeno,
di limitare l’estensione delle violazioni. Nel frattempo è necessario implementare
azioni a lungo termine che aiutino a invertire le discriminazioni contro queste comunità.
D. – Qual è un primo passo che potrebbe fare il governo birmano per riconoscere questa minoranza etnica?
R. – One of the problems it is that there are number
of local orders …
Uno dei problemi è che ci sono un certo numero di
disposizioni che sono state emanate dalle istituzioni locali per restringere i diritti
di queste comunità. Un primo passo da parte del governo birmano sarebbe quello di
revocare queste disposizioni locali per garantire che le misure discriminatorie non
siano incrementate. Un altro passo riguarda le restrizioni relative all’accesso all’educazione
e a certe professioni. Questo tipo di divieti discriminatori devono essere rimossi
immediatamente e nello stesso tempo si devono presentare programmi esaurienti per
risolvere la situazione. Ma la cosa importante è che questi programmi non devono essere
imposti a queste comunità ma, al contrario, devono essere coinvolte nella realizzazione
e nell’attuazione di questi progetti.
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