2016-06-23 14:18:00

Brexit: britannici al voto, Borse aprono in positivo


È una possibile giornata spartiacque per la Gran Bretagna. Decine di milioni di elettori sono da stamattina alle urne per il referendum che sancirà la permanenza o l’uscita del regno Unito dall’Ue. I sondaggi pubblicati dai media danno in leggero vantaggio il “Remain” sul “Brexit”. I mercati azionari hanno aperto oggi in positivo, ma il fronte finanziario teme l’uscita del Regno Unito. Alessandro Guarasci ne ha parlato con Fabrizio Coricelli, economista della Sorbona di Parigi:

R. – Il rischio più grande per l’economia britannica è il rischio di crisi finanziaria. Per quanto riguarda i rapporti commerciali, sono ovviamente molto importanti con l’Unione Europea perché il Regno Unito esporta il 40% delle sue esportazioni nell’Unione Europea.  Però, questa quota è in declino e comunque non è pensabile che in un contesto internazionale di accordi di libero scambio ci sia un crollo del commercio. Invece, dal punto di vista dei mercati finanziari il problema è molto più serio, perché il mercato finanziario londinese è il mercato più importante per le transazioni dell’euro e questo è dovuto proprio al fatto che l’Inghilterra è un membro dell’Unione Europea, per cui ha beneficiato dell’accesso alle infrastrutture finanziarie della zona euro anche stando fuori dall’euro. Questo ha garantito una situazione di tranquillità e di limitazione dei rischi del mercato inglese, che ha visto un boom straordinario nello sviluppo delle transazioni in euro. Paradossalmente, l’Inghilterra non fa parte dell’euro ma è il centro finanziario più importante per le transazioni dell’euro. A questo punto – anche se è uno scenario che ovviamente può prefigurarsi solo in futuro, perché nel breve periodo la Banca Centrale Europea non lascerebbe in una situazione drammatica la Banca Centrale Inglese – i mercati possono valutare l’uscita dall’Unione Europea come un rischio di liquidità enorme del futuro e cioè una mancanza di assicurazione da parte della Bce per il mercato inglese. Noi sappiamo, per esperienza della crisi del 2008, che i mercati finanziari possono reagire in maniera repentina a informazioni negative e a scenari possibilmente negativi. Quindi, per il Regno Unito uscire dall’Unione Europea sull’onda di un sentimento antieuropeista e quindi sull’onda di richieste di restrizioni nel Regno Unito verso i prodotti europei, di restrizioni verso l’immigrazione, porterebbe sicuramente a un danno economico anche nel lungo periodo.

D. – L’Unione Europea avrebbe un importante contributore al bilancio europeo in meno, secondo lei?

R. – Onestamente io questo non lo vedo come un grande problema, anche perché è vero che il Regno Unito è un contributore, però al netto di quello che riceve dal punto di vista dei progetti di ricerca e di altri progetti, non è un finanziatore così decisivo per l’Unione Europea. Da quel punto di vista, credo che anche lì molto probabilmente il Regno Unito ci perderà, soprattutto per il finanziamento della ricerca e di programmi collegati all’Università.








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