2016-06-22 07:51:00

Brexit, domani il voto. Cameron: no è scelta irreversibile


Brexit, è record di iscritti alle liste elettorali britanniche per il voto di domani. Circa 46 milioni e mezzo gli elettori, mentre il premier Cameron avverte: l’uscita dall’Ue sarebbe irreversibile. Francesca Sabatinelli:

David Cameron lancia un accorato appello ai connazionali e chiede loro di seguirlo. Nonostante alcuni suoi errori commessi in passato, questa volta, dice il premier britannico, girare le spalle all’Unione europea sarebbe una scelta “irreversibile”. I sondaggi oscillano, e la partita resta ancora tutta aperta, con sullo sfondo l’emozione dell’omicidio della deputata laburista Jo Cox che, prevedono alcuni, potrebbe far riprendere quota al fronte del sì all’Europa, il Remain, ancora indietro di un punto rispetto al no, secondo le rilevazioni demoscopiche.  A Downing Street ci si aspetta un testa a testa, nessuno può dire cosa succederà, dice il premier parlando davanti al portoncino del 10, rivolgendosi ai connazionali per fare ammenda per aver condotto, in qualche modo, la Gran Bretagna a questa data e per dichiarare che soltanto rimanendo nell’Unione il Paese  sarà "più prospero economicamente, più forte e più sicuro", mentre votare Leave, ossia il no, sarà una “scelta irreversibile”.

E’ ipotizzabile una reazione emotiva all’assassinio di Jo Cox, tale da rafforzare il Remain, il fronte del sì all’Europa? Giada Aquilino lo ha chiesto a Francesco Ragni, direttore della rivista on line LondraItalia.com:

R. – C’è una forte reazione all’omicidio. Ce ne sono anche altre, perché questo è un referendum che si sta giocando molto sull’emotività. Ci sono anche problemi economici: Londra, per esempio, è molto cara; il Servizio sanitario pubblico, il National Health Service (Nhs), che è uno degli elementi cardine di questa discussione, è andato gradualmente peggiorando. Secondo alcuni, ciò viene visto come un effetto dell’aumento del numero della popolazione. Anche se, dall’altra parte, si dimentica che l’arrivo degli immigrati qualificati ha permesso anche al Nhs di continuare a erogare i servizi: quando si va in un ospedale a Londra, i medici e gli infermieri sono europei – spagnoli, italiani – e anche ad esempio indiani, semplicemente perché l’Inghilterra non produce sufficienti medici o infermieri per poter gestire il proprio servizio pubblico. Però la gente magari si ricorda del fatto che è andata in ospedale, ha visto una fila di immigrati che aspettavano di essere trattati ed è tornata a casa pensando: “Ecco, non ricevo l’assistenza che voglio, perché ci sono molti immigrati che stanno mettendo sotto stress il sistema”.

D. – Veniamo al duello allo stadio di Wembley tra l’ex sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson, e il suo successore laburista, Sadiq Khan, difensore del “Remain”: il nodo qual è?

R. – È una cosa interessante, perché in realtà uno dei temi latenti di questo referendum è quello della diseguaglianza tra Londra e il resto del Regno Unito. Londra, negli ultimi 10-20 anni, ha avuto un’accelerazione straordinaria, sviluppando una sua economia fortissima e, in questo senso, ha danneggiato molto il resto del Regno Unito. Il referendum viene in parte visto anche come un referendum su tale tema. Quindi è singolare che stasera a discuterne, in questo grande dibattito televisivo – l’ultimo live della Bbc – saranno proprio gli ultimi due sindaci di Londra, Boris Johnson e Sadiq Khan. Per cui sarà curioso vedere quanto il tema “Londra” emergerà. Addirittura c’è chi sta parlando di una secessione di Londra, del fatto che Londra possa diventare uno Stato a parte. Si parla di una “città Stato” con un ruolo mondiale, al di là di quello del Paese, che però a quel punto diventerebbe veramente sempre più una “Little Britain”, invece di una “Great Britain”.

D. – Girando per Londra e per il resto del Paese, si sono potute cogliere le vere ragioni dell’uno e dell’altro fronte - del “Remain” e del “Leave” - magari nei gazebo che sono sparsi un po’ dappertutto…

R. – Il fronte del “Remain” ha puntato molto sui temi economici ed ha prodotto una mole di studi economici in difesa delle ragioni della permanenza nell’Unione europea. Il fronte del “Leave” non aveva di questi argomenti: ha puntato sull’emotività, ha strumentalizzato temi come l’immigrazione. La sua campagna è stata più basata su slogan a effetto che non su dati effettivi.

 








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