2016-06-22 11:42:00

Armenia. L'ambasciatore Minasyan: il Papa non ci lascia soli


Alla vigilia della storica visita di Papa Francesco in Armenia, l’atmosfera che si respira, in particolare ad Erevan e a Gyumri, è quella delle grandi occasioni. Per un popolo che ha tanto sofferto, l’arrivo del Santo Padre sarà un’occasione importante per rilanciare il messaggio di pace, non solo nel Paese, ma in tutto il Medio Oriente. Ne è convinto l’ambasciatore della Repubblica d'Armenia presso la Santa Sede, Mikayel Minasyan, intervistato da Davide Dionisi:

R. – E’ stato un viaggio di preparazione molto lungo e molto interessante. Per noi armeni, sia quelli nel Paese che quelli sparsi in tutto il mondo, è un viaggio storico, ennesima testimonianza della vicinanza del Santo Padre al popolo armeno, della vicinanza a un popolo che è cresciuto, ha sofferto, è vissuto, morto e risorto da cristiano. Ed è un viaggio per noi molto simbolico e anche storico, perché è il primo viaggio di Papa Francesco nella regione, in una regione molto torturata da vicende storiche, vicende religiose e territoriali. E noi speriamo e preghiamo perché questo viaggio sia un viaggio simbolico per la pace.

D. – Che idea hanno, gli armeni, di Papa Francesco?

R. – E’ una domanda molto complessa. La prima cosa che mi viene in mente è un’idea di gratitudine. Io non posso non menzionare la Messa papale del 12 aprile 2015. Questo non è stato solo un gesto di vicinanza, non è stato solo un gesto di solidarietà: questo è stato un gesto di amore, di rispetto e di memoria. Gli armeni, quindi, che verranno nel Paese da tutto il mondo e che seguiranno questo viaggio aspettano Papa Francesco per dire “grazie”, un semplice ed umano “grazie”.   

D. – Che cosa lascerà, secondo lei, la visita di Papa Francesco agli armeni, e non solo agli armeni, per quanto riguarda i rapporti con la Chiesa apostolica, il dialogo interreligioso e i rapporti con gli altri Stati?

R. – Cosa lascerà il viaggio di Sua Santità in Medio Oriente, direi. Essendo, infatti, gli armeni presenti in tutto il Medio Oriente, lo vivono come un messaggio di vicinanza e di pace. Noi non vogliamo essere lasciati soli e vogliamo la presenza del mondo nelle nostre terre, nelle nostre anime. La Chiesa armeno-apostolica è una Chiesa che vive in una realtà abbastanza difficile – continua a vivere in Siria, in Iraq e in tutto il Medio Oriente – e questo viaggio noi lo viviamo anche come un messaggio simbolico della vicinanza a tutti i popoli cristiani di Medio Oriente, non solo agli armeni.

D. – Quanto può incidere, secondo lei, il dialogo interreligioso per la pace in Medio Oriente?

R. – E’ l’unica via, e noi armeni sappiamo come vivere, come creare questa vita quotidiana, dialogando con le persone non cristiane oppure non credenti. L’unico modo, infatti, per poter convivere è parlare.

D. – Abbiamo ascoltato in questi giorni, oltre all’apprezzamento nei confronti del Santo Padre, un termine, che ricorre molto spesso anche tra il popolo armeno: “leader”…  

 R. – Sicuramente, Papa Francesco è un leader e non lo dico solo io, lo dicono tutte le statistiche, tutte le agenzie internazionali. In questo periodo, in cui il mondo ha bisogno di leader, perché c’è una fortissima mancanza e carenza, Papa Francesco è un leader indiscusso. E non è solo un leader religioso, ma anche un leader di pensiero, un leader di spirito e – aggiungerei anche una mia valutazione – è un leader coraggioso.

D. – Che cosa direbbe al Santo Padre qualora avesse la possibilità, avrà la possibilità, di incontrarlo nella sua terra?

R. – Tradurrei un detto molto bello dall’armeno: “Che sia benedetto il suo piede su questa terra”.








All the contents on this site are copyrighted ©.