2016-06-21 07:56:00

Brexit: commemorazione di Jo Cox. In rialzo le borse


In rialzo ieri le borse europee, compresa Londra che ha segnato un più 3 per cento: il mercato scommette, infatti sulla permanenza nell’Unione europea della Gran Bretagna che giovedì andrà al voto. I primi sondaggi, dopo l’assassinio della deputata laburista pro-Ue Jo Cox, danno infatti il 'remain' in testa. Ieri, al Parlamento britannico l’omaggio alla vittima. Il servizio di Debora Donnini:

Indossavano un fiore bianco, simbolo di pace e purezza, il marito e i due figli, di 5 e 3 anni, di Jo Cox alla commemorazione alla camera dei Comuni. Commozione, lacrime e rose bianche hanno scandito la cerimonia all’interno mentre all’esterno candele, messaggi e fiori di tutti i colori ricordavano la deputata di 41 anni uccisa per mano di Tommy Mair, un uomo carico di odio, in contatto con gruppi di estrema destra.  "Onoriamo la memoria di Jo, dimostrando che la democrazia e la libertà per cui lei si è battuta sono irremovibili”, ha detto il premier David Cameron aprendo gli interventi.  Gli ha  fatto eco il capo dell'opposizione e compagno di partito di Cox, Jeremy Corbyn: "La vita politica sia più mite e benevola". L’attenzione del mondo è rivolta al voto di giovedì. Non ci saranno exit poll considerata la grande incertezza dei risultati. Qualcosa di sicuro si saprà già alle 5 del mattino di venerdì ma quelli definitivi dovrebbero arrivare fra le 8 e le 9, ora italiana. Intanto, si moltiplicano gli appelli nell’Ue: il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, sostiene che il referendum sia un "segnale d'allarme" per tutta l’Ue. Le istituzione europee preparano, intanto, per venerdì una serie di incontri per far fronte ad un eventuale uscita così come gli Stati Uniti che lavorano a piani d'emergenza.

 

Giovedì, dunque, i cittadini britannici saranno chiamati a votare il referendum Brexit, dove dovranno decidere se restare o uscire dall’UE. Questa scelta potrebbe cambiare le sorti economiche e politiche non solo della Gran Bretagna ma anche di altri Paesi dell’UE. "L'Unione Europea ha perso la sua anima, quell'anima che i padri fondatori le avevano infuso". E' quanto ha dichiarato l'economista Stefano Zamagni intervistato da Gioia Tagliente:

R. – Che l’Inghilterra abbia delle valide ragioni per lamentarsi dell’Unione Europea e del modo con cui, soprattutto negli ultimi anni, i grossi problemi dell’Europa sono stati affrontati, è fuor di dubbio. Questa, però, non è una ragione sufficiente per giustificare l’eventuale fuoriuscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea, anche se è vero che, l’Unione Europea, ha perso la sua anima, quell’anima che all’inizio i padri fondatori, le avevano infuso.

D. – Se la Gran Bretagna uscisse dall’Unione Europea, quali sarebbero i rischi concreti?

R. – Sarebbe veramente triste, anche pericoloso, per tre ragioni: primo, perché l’Inghilterra, di cui conosciamo le ragioni filosofiche, culturali e così via, rappresenta sempre una sorta di vigile urbano nei confronti degli altri Paesi per evitare derive burocratiche; secondo, perché l’impatto a breve termine sulla stabilità finanziaria sarebbe veramente pericoloso e per Paesi già in difficoltà come il nostro, la Spagna, il Portogallo o altri minori potrebbe essere esiziale; in terzo luogo, perché comunque l’uscita dell’Inghilterra creerebbe una forza terzista che non faciliterebbe il dialogo, ad esempio, tra l’Europa e gli Stati Uniti. Gli uni e gli altri stanno negoziando il cosiddetto “Trattato”, il nuovo trattato di commercio tra l’Europa e gli Stati Uniti. Se l’Inghilterra si chiama fuori dall’Unione Europea, tenuto conto della storia, del legame che unisce la Gran Bretagna agli Stati Uniti, capiamo subito le implicazioni. Siccome questo è qualcosa di molto serio, che riguarda non solo e non tanto il lato finanziario, ma soprattutto il lato reale dell’economia - perché stiamo parlando di import-export di beni e servizi - ecco perché l’uscita della Gran Bretagna, sarebbe foriera di rischi piuttosto seri, anche sul fronte dell’occupazione.

D. – Se vincesse il “no”, ci potrebbe essere un nuovo slancio della Gran Bretagna  in borsa? Aumenterà, quindi, il suo peso economico e politico?

R. – Aumenterà sicuramente la sua pressione nei confronti di Bruxelles, per evitare derive tecnocratiche, economicistiche e così via;  dall’altro, sicuramente rafforzerà la sua capacità di attrazione dei capitali; e, terzo, è ovvio che la vittoria dei “no” potrebbe consentire alla Gran Bretagna di ottenere ulteriori alleggerimenti sul fronte dei rapporti con l’Unione Europea e potrebbe essere che questo senso, a volte, di malessere che altri Paesi, diversi dalla Gran Bretagna, manifestano nei confronti di Bruxelles, possa aprire la strada ad una rivisitazione completa dei trattati europei - a cominciare da quello di Maastricht - che non vanno bene. Sono trattati, infatti, dai quali non emerge quella che – come ho detto all’inizio – è la missione dell’Europa nel mondo, la cosiddetta sua anima. Bisogna allora ripartire dai fondamentali e questi fondamentali non possono tralasciare quelle che sono le radici, le componenti etico-culturali, che hanno fatto grande questo continente. All’epoca dei Trattati di Maastricht tutto il grosso dibattito sulle cosiddette radici giudaico-cristiane venne completamente ignorato. Giovanni Paolo II si batté come un leone per cercare di portare a più miti consigli. La risposta è stata un “no” secco. Ora stiamo pagando le conseguenze di quella negazione. In nome di un falso concetto di laicità, non si è voluto tenere conto che una unione come quella di tanti Paesi europei può avvenire solo sulla base di un sostrato robusto di principi e di valori.

 








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