Al termine del discorso ai partecipanti al Convegno della Diocesi di Roma, Papa Francesco ha risposto ad alcune domande, in tono molto colloquiale e aprendo il cuore per far capire che al centro del suo messaggio c’è l’invito a portare la tenerezza di Gesù al mondo, accompagnando le persone. Il servizio di Debora Donnini:
L’individualismo è l’asse di questa cultura e ha tanti nomi: da quello di alcuni parroci di una diocesi vicina a quella di Buenos Aires che non volevano battezzare i bambini delle ragazze madri al calo della natalità fino alle famiglie che preferiscono avere due o tre gatti o un cane piuttosto che un figlio.
Assumersi il “rischio” pastorale
Papa Francesco nel rispondere alle domande declina
concretamente il discorso fatto prima, con accenti ed esempi molto diretti ed interrotto
più volte dagli applausi della Basilica di San Giovanni in Laterano gremita di persone.
Al cuore dell’individualismo per Papa Francesco c’è la paura della libertà, anche
nella pastorale:
“Rischia. Nel momento che sei lì, che devi decidere, rischia! Se sbagli, c’è il confessore, c’è il vescovo, ma rischia”.
Non manchi la tenerezza
Altrimenti c’è “la pastorale delle mani pulite”. La
risposta del Papa è alla domanda del parroco di San Frumenzio, don Giampiero Palmieri,
che verte proprio sul pericolo dell’individualismo e sulla necessità di creare reti
di famiglie. Il Papa fa l’esempio di cosa sia una famiglia allargata, raccontando
di un ambasciatore venuto per presentare le credenziali, che ha portato, assieme alla
famiglia, la donna delle pulizie che per loro “era della famiglia”. L’altro aspetto
che il Papa rileva, è come manchi la tenerezza, che è il linguaggio che si usa con
i bambini, quando ci si abbassa:
“E’ la strada che ha fatto Gesù. Gesù non ha ritenuto un privilegio essere Dio: si è abbassato. E ha parlato con la nostra lingua, e ha parlato con i nostri gesti”.
La strada che ci indica è, dunque, quella della tenerezza.
La morale è un atto d’amore
La seconda domanda verte, invece, sul rischio che
si possa creare una doppia morale: da una parte la difesa del matrimonio indissolubile
e dall’altra l’accoglienza piena di misericordia verso tutte le situazioni; da una
parte il rigorismo e dall’altra il lassismo. Nel rispondere Papa Francesco è chiaro:
entrambi gli approcci non sono la verità. Il Vangelo, infatti, sceglie un’altra strada
che è quella di Gesù quando parla con la samaritana o con l’adultera. Episodi che
mostrano come la morale sia in realtà “un atto d’amore”, un atto che lascia spazio
alla conversione dell’altro.
Prepararsi al matrimonio
L’ultima domanda verte, invece, su come educare i
giovani al matrimonio sacramentale. Per Papa Francesco, al cuore del problema c’è
la cultura del provvisorio che investe anche la vita sacerdotale. Il Papa ricorda
che quando era a Buenos Aires, una signora lo ha “rimproverato” dicendogli che un
sacerdote studia 8 anni per diventarlo, mentre i laici ricevono un Sacramento per
tutta la vita, con “quattro conferenze”.
Non fare matrimoni “in fretta”
Proprio per questo Papa Francesco sottolinea che da
arcivescovo a Buenos Aires proibì di fare matrimoni religiosi “in fretta”, quando
una donna rimaneva incinta, e invece invitava ad attendere per sposarsi liberamente.
L’esortazione è di non arrivare alle 30 persone al corso di preparazione al matrimonio.
Quindi, ricorda l’importanza di non finire la giornata senza fare pace e soprattutto
quanto sia difficile quando si immischiano i parenti:
“Ho sentito una cosa bella: piacerà alle donne. Quando una donna sente dall’ecografo che è incinta di un maschietto, da quel momento incomincia a studiare per diventare suocera. [ridono, applausi] Torno sul serio: la preparazione al matrimonio, la si deve fare con vicinanza, senza spaventarsi. Lentamente. E’ un cammino di conversione, tante volte”.
Il suo invito, quindi, è a non spaventarsi ma a mettere in campo quell’”apostolato dell’orecchio” a lui caro, e dell’accompagnare.
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