2016-06-17 15:04:00

Al via in 22 Paesi, campagna di "Aiuto alla Chiesa che Soffre"


La campagna di "Aiuto alla Chiesa che Soffre", Be God’s Mercy (Sii la misericordia di Dio), parte oggi per chiudersi il 4 ottobre di quest’anno, giorno di San Francesco, nel quale la Fondazione Pontificia presenterà al Papa i primi frutti dell’iniziativa. Numerosi i progetti in programma in diversi Paesi del mondo e nelle aree di crisi che vedono i cristiani perseguitati ma anche protagonisti dei processi di riconciliazione. Il servizio di Marco Guerra:

Oltre 6200 progetti in 22 Paesi del mondo per un totale di 120 milioni di Euro stanziati grazie alle donazioni di circa 400 mila persone, di cui beneficiano milioni di cristiani ma anche appartenenti ad altre confessioni religiose che vivivono in aree di crisi. Sono i numeri dell’attività dell’anno 2015 svolta da "Aiuto alla Chiesa che soffre". Un’impegno che viene rilanciato nell’Anno della Misericordia con la campagna mondiale Sii la misericordia di Dio. L’iniziativa è stata presentata alla Sala Marconi della Radio Vaticana. Tra i presenti anche il cardinale Mauro Piacenza, presidente internazionale di Acs, che ha spiegato il significato degli sforzi della Fondazione nel corso del Giubileo:

Un’iniziativa come il Giubileo della Misericordia non è semplicemente una celebrazione o un evento liturgico o di richiamo che poi rimane lì. È un evento che deve avere seguito. Quindi, per esempio, le realizzazioni che verranno presentate sono stabili, cioè rimarranno e daranno una struttura a certe diocesi e zone disastrate con l’impegno di seguirle per tutto il tempo che non avranno risolto determinati problemi.

I frutti di questa misericordia verranno portati a tutte quelle Chiese perseguitate e ferite dai indicibili barbarie. Sotegni concreti per migliaia di cristiani, che a loro volta sono tetimonianza viva di solidarietà e impegno per tutti coloro che necessitano aiuto. Sentiamo ancora il cardinale Piacenza:

Diciamo che la parola Medio Oriente in senso generale adesso rappresenta una polveriera. Quindi serve tenere la presenza intanto con un rispetto storico delle origini e delle radici cristiane, ma il nostro Signore Gesù Cristo trascende la storia. Quindi Lui vuole vivere, non è un monumento. Noi vogliamo tenere non tanto dei monumenti – che sono pure importanti – ma una vitalità, perché Gesù Cristo vuole vivere attraverso i cristiani che sono in quelle terre martoriate; vuole vivere e vuole che siano ancora lievito nella società!

I progetti andranno dal sostegno al clero e ai cristiani perseguitati alla tuttela di luoghi della misericordia, come ospedali e case di accoglienza, e anche per iniziative di ricolcilizione. Il Papa è stato il primo benefattore di questa campagna con una donazione alla clinica St. Joseph Charity di Erbil, nel Kurdistan. Ci parla del progetto il sacerdote iracheno don Imad Gargees:

Questi progetti sono un grande aiuto non solo per i cristiani che si trovano ad Erbil ma per tutti i profughi che sono andati in Kurdistan, dove sono presenti più di 120 mila cristiani! Vediamo che il Santo Padre è stato il primo donatore. All’inizio di aprile ci ha donato centomila euro. Abbiamo sentito che non siamo soli.

La struttura sanitarià di Erbil si inserisce nelle sforzo complessivo sostenuto da "Aiuto alla Chiesa che Soffre" dal giugno 2014, quando le forze del sedicanete Stato islamico conquistarono la città di Mosul causando l’esodo forzato di centinaia di miglia di persone, come riferisce don Imad Gargees:

R. - Dal primo giorno, quando hanno lasciato tutto quello che avevano sono andati in Kurdistan. Da giugno 2014 fino ad oggi ci sono voluti più di 16 milioni per garantire il cibo quotidiano, per garantire loro una casa, perché nei primi giorni hanno vissuto nelle tende. Questo vale per tutti: ci sono cristiani, musulmani, yazidi … Chi ha bisogno va e prende tranquillamente ciò di cui necessità. Tutti sentono che la Chiesa è sempre stata vicina, tramite l’associazione "Aiuto alla Chiesa che soffre", tramite tutti i donatori e tra tutti, il primo – possiamo dirlo – troviamo il nostro grande Papa Francesco.

D. - Quindi aiutare i cristiani significa aiutare anche l’Iraq?

R. - Sicuramente sì, possiamo dirlo al cento per cento. I cristiani si sentono sempre parte del Paese, perciò tutti questi aiuti non sono solo per i cristiani che, possiamo dire, sono i primi, ma anche per i loro confratelli delle altre religioni che vivono insieme a loro. Ci aspettiamo sempre che anche gli altri facciano la stessa cosa. Anche loro devono offrire il loro aiuto come stanno facendo le associazioni cristiane.  Non devono pensare: “Tu sei di un’altra religione”, ma che siamo tutti fratelli, perché con le guerre non funziona niente!








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