2016-06-09 15:05:00

Medici senza frontiere: Aids emergenza nel centro est Africa


34 milioni di morti in 35 anni, dai primi casi di Aids registrati negli Stati Uniti. Sono stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Ma la lotta alla sindrome da immunodeficienza acquisita ha segnato importanti successi nel garantire le cure ad un numero sempre maggiore di malati, che riescono a sopravvivere. Se ne parla in questi giorni in un Vertice dell’Onu, a New York, in vista della prossima Conferenza internazionale sull’Aids, a Durban in Sud Africa, dal 18 al 22 luglio. Roberta Gisotti ha intervistato François Dumont dell’organizzazione non governativa “Medici senza frontiere”:

D. – A che punto siamo in questa battaglia, e quanti sono i malati, oggi?

R. – Ci sono stati importanti passi positivi; gli obiettivi della comunità internazionale, anche, sono ambiziosi: vogliono mettere sotto trattamento 30 milioni di persone entro il 2020, e questa è una buona notizia. Purtroppo, oggi ci sono ancora 35 milioni di persone affette da Hiv-Aids e solo 17 milioni di queste sono sotto trattamento. Medici senza Frontiere, in occasione di questo incontro ad alto livello delle Nazioni Unite, vuole esortare la comunità internazionale a non dimenticare i Paesi in cui tante persone ancora non hanno accesso alle cure, soprattutto i Paesi dell’Africa occidentale e centrale, una ventina di Paesi in cui meno di un terzo dei pazienti hanno accesso alle cure. Su 6 milioni e mezzo di persone affette dall’Hiv, soltanto meno di un terzo ha accesso alle cure; rimangono 4 milioni e mezzo di persone senza accesso ai farmaci. Per esempio, un Paese come la Repubblica Democratica del Congo, a Kinshasa, dove Medici senza Frontiere gestisce un ospedale per i pazienti affetti da Hiv/Aids, abbiamo una situazione molto grave, con immagini che richiamano condizioni degli anni Novanta, dove i pazienti arrivano al nostro ospedale in uno stato quasi di morte, con la malattia ad uno stadio molto avanzato, perché in questi Paesi ci sono diversi ostacoli per le cure. Uno è la mancanza di servizi sanitari, che non sono efficaci, c’è anche mancanza di operatori sanitari formati, c’è poi uno stigma enorme rispetto alle persone che sono positive all’Hiv e c’è pure una mancanza di accesso ai farmaci, al di là del fatto che i pazienti devono anche pagare un ticket per avere accesso alle cure. Questo fa sì che in tanti Paesi africani ci sia un accesso molto limitato, e noi lo troviamo inaccettabile: per questo vogliamo chiedere di non dimenticare questi Paesi che sono stati trascurati e tagliati fuori dalla lotta all’Hiv/Aids.

D. – Invece, per quanto riguarda l’Africa sub-sahariana, dove il problema è stato gravissimo negli anni precedenti?

R. – Questi miglioramenti ci sono stati soprattutto nei Paesi in cui c’era un’incidenza più alta della malattia, anche se ancora tante persone devono avere accesso alle cure. E’ molto importante anche attuare le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità che dicono che ogni persona che sia stata diagnosticata come affetta dall’Hiv venga messa subito sotto trattamento. E questo è molto importante perché quando una persona è sotto trattamento antiretrovirale, diventa molto poco contagiosa e la diffusione della malattia si ferma.








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