2016-06-08 08:57:00

Usa: è Trump-Clinton la sfida per la presidenza a novembre


Negli Stati Uniti ormai definiti i due sfidanti nella corsa alla Casa Bianca. Nel nuovo supermartedì delle primarie dove si è votato in cinque Stati, ieri Hillary Clinton ha blindato la sua candidatura per i democratici ottenendo il numero di delegati necessari per superare Bernie Sanders. Momento storico, ha detto la stessa Clinton, nella storia degli Stati Uniti per la prima donna che accede alla sfida per la Casa Bianca. Complimenti le sono arrivati dal presidente Obama. A novembre se la vedrà con Donald Trump, da tempo unico candidato repubblicano. Sui due sfidanti Giancarlo La Vella ha intervistato Paolo Mastrolilli, corrispondente negli usa per il quotidiano La Stampa:

R. – Donald Trump ha impostato tutta la sua candidatura sul fatto di essere un outsider, un candidato contrario all’establishment repubblicano. Ha preso delle posizioni, in particolare sulla politica estera: ad esempio contestando l’utilità della Nato o suggerendo che Giappone e Corea del Sud dovrebbero costruire le loro bombe atomiche per difendersi dalla Corea del Nord, posizioni che sono completamente ad di fuori della politica estera americana. Hillary Clinton, invece, viene considerata un candidato in continuità con l’amministrazione Obama dove ha servito come segretario di Stato ed è molto più legata alle posizioni tradizionali della politica estera americana. Ci sono delle significative sofferenza anche per quanto riguarda i commerci internazionali, dove Donald Trump vorrebbe praticamente cancellare o rinegoziare tutti i trattati che hanno fatto gli Stati Uniti. Alcuni di questi trattati sono stati negoziati di persona e quindi chiaramente li vuole conservare perché ritiene che la globalizzazione sia un vantaggio per il Paese. Poi naturalmente, ci sono anche delle significative differenze sul piano interno. Donald Trump vorrebbe costruire un muro lungo il confine con il Messico e deportare tutti i 12 milioni di latini che vivono negli Stati Uniti e che lavorano negli Stati Uniti ma che sono degli illegali; la Clinton invece vorrebbe favorire una strada verso la cittadinanza o comunque verso l’accettazione legale di queste persone nel Paese.

D. - Lo stato sociale che è stato un pò il fiore all’occhiello del fronte democratico. Qual è la posizione di Trump?

R. - Trump naturalmente da questo punto di vista è un candidato repubblicano tradizionale. Generalmente, almeno i candidati del Partito repubblicano, vogliono che lo Stato abbia meno peso possibile, mentre invece i democratici sono più favorevoli ad una presenza dello Stato nell’attività sociale del Paese. Hillary Clinton sostiene la necessità di aver una sanità gratuita per tutti quanti i cittadini e quindi intende costruire sulla riforma che ha fatto il presidente Obama che a suo avviso è troppo limitata. Al contrario, Trump vorrebbe completamente cancellare questa riforma sanitaria e tornare in sostanza solamente al sistema delle assicurazioni.

D. - E sul rapporto con le grandi potenze ?

R. - È un rapporto molto delicato in questo momento perché c’è una forte instabilità in particolare con la Russia che in Ucraina ha - di fatto - sfidato il sistema degli equilibri che si era creato in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma anche in Asia perché la Cina nel Mar Cinese Meridionale sta facendo in sostanza delle politiche espansioniste. Da questo punto divista Trump ha semplicemente detto che sarebbe più bravo degli altri a fare degli accordi, mentre invece dal punto di vista di Hillary Clinton, chiaramente avendo avuto un’esperienza come Segretario di Stato, ha già affrontato queste questioni. Certamente lei aveva cercato di riavviare i rapporti con Mosca. È un’operazione che chiaramente non ha funzionato e si rende conto di quanto pericoloso sia il confronto che è in corso con Mosca. Per quanto riguarda la Cina, lei come Segretario di Stato, era stata l’artefice del pivot degli Stati Uniti verso le regioni dell’Asia del Pacifico, certamente perché l’Asia è un grande continente in grande sviluppo economico e gli Stati Uniti ne hanno bisogno per lo sviluppo delle proprie imprese e dei loro interessi economici, ma anche perché questo serviva per fare un po’ da contraltare alla Cina e quindi rafforzare i rapporti economici e istituzionali con gli altri alleati della regione asiatica per frenare questo espansionismo cinese. Queste sono questioni che naturalmente il prossimo presidente dovrà, comunque, affrontare. 








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