2016-06-07 11:48:00

Stazione Termini, ricordata la clochard morta senza aiuti


Ieri sera, al binario 1 della Stazione Termini di Roma, si è svolta la cerimonia in ricordo di Modesta Valenti, l’anziana senza fissa dimora deceduta il 31 gennaio 1983 per mancanza di assistenza e divenuta simbolo delle persone senza fissa dimora e spesso senza sostegno in caso di necessità. Gianmarco Murroni ha intervistato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo:

R. – Quest’oggi il pensiero va a Modesta Valenti, morta 33 anni fa qui alla Stazione Termini perché non soccorsa da una autoambulanza perché ritenuta sporca. Si sentì male e morì… E noi, attraverso Modesta, ricordiamo tutte le persone invisibili, alle quali passiamo magari vicino e non ci facciamo caso, che vivono in condizioni di precarietà o di vulnerabilità. Per queste persone oggi c’è un luogo che fa memoria di loro: è la targa che c’è al Binario 1 della Stazione Termini, che tutti i cittadini romani o i viaggiatori possono vedere e di fronte alla quale possono mettere un fiore. Noi andiamo sempre di corsa, di fretta, siamo presi da mille pensiero e questo luogo memoriale è una pietra di inciampo come direbbe il Vangelo: è una pietra di inciampo per ricordarci anche di chi soffre.

D. – Quanti e quante Modesta Valenti rischiano di esserci oggi?

R. – Ce ne sono tanti! La crisi economica ha creato una situazione di vulnerabilità e di precarietà per tante persone, anche giovani. Persone che perdono il lavoro, persone che, a causa di separazioni familiari, finiscono per strada, persone che non hanno i soldi per pagare le tasse e per tanti altri motivi… Ultimamente, devo dire e devo constatare – anche grazie al sacrificio di Modesta – che tante più persone sono al loro fianco: la Comunità di Sant’Egidio, le Caritas, le parrocchie, le associazioni e i gruppi spontanei... E’ bello veder convergere nei luoghi della sofferenza, come possono essere le stazioni o in tanti altri luoghi della città, un numero così alto di persone che vogliono sostenerli ed aiutarli.

D. – Quali persone e quali storie sono nascoste sotto coperte di lana o scatole di cartone?

R. – Sono le storie di tanti italiani, soprattutto del sud del nostro Paese: giovani che non hanno mai trovato lavoro, adulti che a causa appunto di una separazione si sono trovati per strada, persone anziane che hanno iniziato questa vita tanti anni fa e che oggi avrebbero bisogno veramente di trovare un tetto. La vera novità che Sant’Egidio può testimoniare è che quest’anno siamo riusciti, con uno sforzo ulteriore, a portarle a casa nostra, nelle nostre case, a creare delle convivenze di queste persone sottraendole alla strada. E’ un grande significato, perché – come dice Papa Francesco – l’accoglienza avviene nelle comunità: non bastano le strutture per accogliere, servono le comunità! Sant’Egidio e altre comunità sono pronte a fare questo. Fermarsi è tanto importante e noi lo sappiamo dal Vangelo, dalla Parabola del Buon Samaritano: quante volte abbiamo riascoltato questa Parabola nelle nostre chiese. E’ importante fermarsi, dire una parola, fare una domanda e – vorrei aggiungere – ascoltare. Queste persone hanno bisogno di essere ascoltate e noi abbiamo bisogno di ascoltarle, perché hanno tanto da dirci, tanto da raccontarci. E perché conoscendo la loro storia capiremo meglio come va il mondo.








All the contents on this site are copyrighted ©.