2016-06-03 10:00:00

Terza meditazione del Papa: il sacerdote non è un funzionario


Ieri pomeriggio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, Papa Francesco ha tenuto la terza meditazione della giornata a conclusione di un intenso ritiro spirituale per il Giubileo dei Sacerdoti. Ha dedicato la sua riflessione al "buon odore di Cristo e la luce della sua misericordia”. Il servizio di Adriana Masotti:

Una Chiesa che serve i poveri e i malati
Mossi dallo Spirito sentiamo il grido dei poveri, vediamo chi giace a terra, sentiamo l’odore forte della miseria in treni e barconi pieni di gente, esordisce così Francesco che cita Santa Rosa da Lima: “Quando serviamo i poveri e i malati, siamo buon odore di Cristo”, per dire che questo buon odore di Cristo e cioè la cura dei poveri è da sempre caratteristico della Chiesa e che essi sono oggetto di un amore di preferenza da parte della Chiesa:

“Nella Chiesa abbiamo avuto e abbiamo molte cose non tanto buone, e molti peccati, ma in questo di servire i poveri con opere di misericordia, come Chiesa abbiamo sempre seguito lo Spirito, e i nostri santi lo hanno fatto in modo molto creativo ed efficace (...) La nostra gente apprezza questo, il prete che si prende cura dei poveri, dei malati, che perdona i peccatori, che insegna e corregge con pazienza (…) Il nostro popolo perdona molti difetti ai preti, salvo quello di essere attaccati al denaro”.

Per il sacerdote non c'è altra possibilità che essere misericordioso
"E non è tanto per la ricchezza in sé", precisa il Papa, "ma perché il denaro ci fa perdere la ricchezza della misericordia” e “ciò che attenta contro la misericordia è una contraddizione principale”. Attenta contro Cristo che “si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà”. Francesco spiega che non si tratta di compiere ogni tanto qualche atto particolare di misericordia verso un bisognoso, ma di essere misericordiosi con gli altri in tutto il nostro agire:

“Essere misericordioso non è solo un modo di essere, ma il modo di essere. Non c’è altra possibilità di essere sacerdote”.

La misericordia guarda con pietà il passato e incoraggia per il futuro
Il Papa porta poi l’esempio del comportamento di Gesù con la donna adultera: quando non la condanna, dice, va oltre la legge e apre davanti a lei uno spazio libero: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”:         

“Il comandamento si dà per l’avvenire, per aiutare ad andare, per 'camminare nell’amore'. Questa è la delicatezza della misericordia che guarda con pietà il passato e incoraggia per il futuro. Il Signore non solo le sgombra la strada ma la pone in cammino perché smetta di essere 'oggetto' dello sguardo altrui, perché diventi protagonista”.

Il confessionale, segno dell'amore misericordioso di Dio
La meditazione di Papa Francesco prosegue guardando al confessionale e al sacerdote che è il segno e lo strumento dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore:

“Segno e strumento di un incontro. Questo siamo. Attrazione efficace per un incontro. Segno vuol dire che dobbiamo attrarre, come quando uno fa dei segni per richiamare l’attenzione. Un segno dev’essere coerente e chiaro, ma soprattutto comprensibile”.

Confessori che non spaventano ma avvicinano
Caratteristiche di un segno e di uno strumento, continua Francesco, è essere disponibili, non essere autoreferenziali. La loro essenza è essere mediatori, o come diceva Sant’Ignazio “non essere impedimento”. E il Papa cita le qualità dei buoni confessori: sono quelli che aiutano la gente ad avvicvinarsi, quelli che non la spaventano, quelli che hanno delicatezza con i peccatori e ai quali basta mezza parola per capire tutto:

“Ma per questo bisogna lasciarsi commuovere dinanzi alla situazione della gente, che a volte è un miscuglio di cose, di malattia, di peccato e di condizionamenti impossibili da superare, come Gesù che si commuoveva vedendo la gente, lo sentiva nelle viscere, nelle budella e perciò guariva e guariva anche se l’altro 'non lo chiedeva bene'”.

"Questo Papa ci bastona troppo"...
Il Papa dedica l’ultima parte della meditazione alla dimensione sociale delle opere di misericordia. E' Gesù stesso nei Vangeli che collega ciò che abbiamo ricevuto con ciò che dobbiamo dare, dice, come insegnare, perdonare, correggere, consolare, sopportare le persecuzioni… che spesso si traducono in ospedali per i malati, mense per quelli che hanno fame, ostelli per quelli che sono per la strada, scuole per quelli che hanno bisogno di istruzione, il confessionale e la direzione spirituale per chi necessita di consiglio e di perdono… Ma, alla fine, l’oggetto della misericordia è la vita umana stessa e nella sua totalità. Si tratta, conclude il Papa, di “agire”, di fare opere, di creare una cultura della misericordia con la certezza che, mentre si lavora, è lo Spirito Colui che spinge e manda avanti ogni cosa. E al termine, fuori programma, le parole a braccio di Francesco:

“Ho sentito tante volte commenti dei sacerdoti: 'Ma questo Papa ci bastona troppo, ci rimprovera'. E qualche bastonata, qualche rimprovero c’è. Ma devo dire che sono rimasto edificato da tanti sacerdoti, tanti preti bravi…".

La lettera di un parroco 
Poi racconta di aver ricevuto una lettera di un parroco in Italia, il parroco di tre paesini: gli scrive le difficoltà della vita di un pastore, ma anche il grande amore per le sue pecore. Papa Francesco commenta:

“Questo è un fratello nostro. Ce ne sono tanti così. Ce ne sono tanti. Anche qui sicuramente. Tanti. Ci segnala la strada e andiamo avanti. Non perdere la preghiera. Pregate come potete e se vi addormentate davanti al Tabernacolo, benedetto sia. Ma pregate. Non perdere quello. Non perdere il lasciarsi guardare dalla Madonna e guardarla come Madre. Non perdere lo zelo, cercare di fare… Non perdere la vicinanza e la disponibilità per la gente e anche, mi permetto di dirvi, non perdere il senso dell’umorismo. E andiamo avanti!".








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