2016-06-02 12:53:00

Migranti. mons. Perego: sì a protezione umanitaria, no hotspot


Il premier italiano, Matteo Renzi, ribadisce che non c’è un’invasione di immigrati ma comunque un tetto alle presene va messo. Intanto, si continua a discutere sulla possibilità di creare nuovi hotspot in Italia. Il servizio di Alessandro Guarasci:

“Al primo giugno 2015 erano 47 mila, al primo giugno 2016 sono 47 mila”. Renzi cita queste cifre per smentire chi parla di invasione, ma ammette che “un tetto sostanziale" agli arrivi "ci deve essere”, dunque serve “firmare accordi con i Paesi africani e bloccare le partenze”. Finora, la distinzione che è stata fatta è tra rifugiati e migranti economici, una distinzione che non regge più per il direttore della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego:

R. – Questa distinzione ormai non è più così chiara e facile ed è ormai evidente che per riuscire a distinguere maggiormente la condizione personale di coloro che stanno sbarcando anche in Italia, è necessario un lavoro molto attento sulle storie personali; un lavoro che oggi, purtroppo, nelle commissioni territoriali non sta avvenendo, dove, di fatto, si sta procedendo attraverso una linea sottaciuta, ma evidente, che è quella di seguire i cosiddetti “Paesi sicuri”. Quindi, l’aspetto più importante oggi sarebbe quello di rafforzare la lettura di queste storie personali e di favorire, comunque, un permesso di protezione umanitaria alle persone che ormai da un anno e mezzo sono in attesa di una risoluzione della loro situazione.

D. – L’Italia potrebbe proporre all’Unione Europea altri hotspot. Sappiamo che quelli in mare sono di difficile realizzazione, ma comunque questa, secondo lei, è una via da seguire?

R. – La strada dell’hotspot ci riporta a strutture che non sono degne della dignità della persona, oltre che strumenti sostanzialmente di trattenimento indebito per persone che non hanno commesso dei reati e soprattutto di trattenimento indebito di tanti minori, di tante persone che invece potrebbero essere accolte meglio e più dignitosamente in strutture di accoglienza. È uno strumento che è un po’ uno "specchietto per le allodole" nella gestione delle migrazioni che sta facendo acqua da tutte le parti e che rischia ulteriormente di considerare le persone che stanno sbarcando come persone pericolose, delinquenti clandestini e tutto ciò che non è vero assolutamente nelle storie di chi sta arrivando.

D. – Le strutture religiose, parrocchie, Ordini e così via, ospitano almeno un quinto degli immigrati presenti in Italia. Però che cosa si può fare di più e quali ostacoli state trovando?

R. – L’impegno della Chiesa è continuo: rafforzare la coscienza delle nostre comunità attorno al dramma dei migranti economici, rifugiati e di costruire sempre di più delle storie, dei semi di accoglienza che oggi riguardano duemila strutture che stanno accogliendo richiedenti asilo e rifugiati, oltre 25 mila attualmente. La disponibilità sta crescendo di giorno in giorno anche alla luce dell’appello del Papa del 6 settembre, ma anche alla luce delle carenze di un sistema che non è in grado oggi di dare una degna ospitalità a persone, in termini famigliari con un’attenzione particolare alle donne, ai minori, alle situazioni di fragilità. E' anche un segno forte contro una politica che rischia di leggere l’immigrazione solo in termini di sicurezza e di non riconoscere in maniera vera nel contesto europeo un diritto fondamentale sul quale è appoggiata la nostra democrazia.

A Ventimiglia intanto la diocesi continua da ospitare i migranti, fino a pochi giorni fa accampati sulle rive del torrente Roja. Il direttore della Caritas, Maurizio Marmo:

R. – Siamo nella chiesa di Sant’Antonio qui a Ventimiglia e stiamo utilizzando il salone della chiesa e il campetto adiacente. In questo momento ci sono più o meno 300 persone.

D. – Com’è il rapporto con le istituzioni comunali? Perché l’ipotesi della tendopoli è stata archiviata al momento…

R. – Sì, nel senso che per ora da una parte non si trova l’area e dall’altra comunque è impegnativo costituirla. Noi qui chiaramente, come accoglienza umanitaria, non chiediamo documenti e chiunque può accedere. Fare una cosa analoga magari non è così scontato, però è quello che chiediamo perché ci sono le esigenze.

D. – La popolazione di Ventimiglia, come ha reagito in questi giorni? Vedete che c’è solidarietà accanto a tante storie di sofferenza di questi ragazzi?

R. – Tante persone stanno dando una mano, stanno portando generi alimentari… Al momento, c’è tranquillità e prevale lo spirito di solidarietà.








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