2016-06-02 13:18:00

70 anni fa, per la prima volta, le donne italiane al voto


La Repubblica italiana compie oggi 70 anni e in coincidenza con questo anniversario si ricordano anche i 70 anni dalla prima partecipazione al voto delle donne. Molte le resistenze a questo riconoscimento che oggi appare scontato. L’8 marzo scorso il presidente Sergio Mattarella aveva voluto sottolineare l’importanza di quella conquista dicendo che: “Il pieno riconoscimento dei diritti politici alle donne costituisce l’elemento fondativo della nostra Repubblica”. Al microfono di Adriana Masotti, sentiamo Vinzia Fiorino, docente al Dipartimento di Storia dell’Università di Pisa:

R. – Sì, va ricordato che tutti gli uomini votarono per la prima volta nel 1919. C’è, quindi, un ritardo che si accompagna alla partecipazione delle donne. Il problema vero è che tutte le principali culture politiche dell’Italia liberale furono tenacemente ostili, rispetto al riconoscimento del loro diritto di voto. Naturalmente, i 20 anni di fascismo hanno pesato moltissimo.

D. – Quali erano gli ostacoli principali a questo riconoscimento?

R. – Gli ostacoli erano costituiti dai principali sistemi culturali. Il sistema giuridico le privava della piena disponibilità dei loro beni e, poiché si votava in quanto proprietari e le donne non erano pienamente proprietarie, i mariti virtualmente votavano per loro. Poi, c’era una obiezione di tipo culturale, resistenze di tipo culturale. Il pensiero cattolico, che privilegiava per le donne il ruolo domestico e il ruolo pubblico, ma sociale e non politico, ebbe il suo peso. E ancora i socialisti, profondamente divisi al loro interno, e la scienza, che ebbe un ruolo importante, fondamentale, perché ovviamente contribuì a definirle come esseri inferiori sul piano delle capacità raziocinanti, delle attitudini intellettuali. Tutto questo messo insieme spiega molto.

D. – Certo, votare non è tutto per la valorizzazione della donna. Ma riguardo alla partecipazione politica, i progressi sono piuttosto lenti, mi viene da dire, se ancora oggi dobbiamo parlare di "quote rosa"…

R. – Ovviamente, questo deficit di partecipazione ha molto a che fare con la storia stessa del riconoscimento del voto femminile. Le donne hanno partecipato e sono state protagoniste di moltissime iniziative, nonché di pensiero politico. Ma il problema vero è che combattiamo con una struttura politica, con modelli di autorevolezza che sono per definizione maschili. Quindi, scontiamo questa contraddizione. Le faccio un esempio molto semplice: se attitudini personali, quali il mostrarsi molto decisi, avere la risposta pronta, vengono considerati in relazione agli uomini aspetti positivi, invece per le donne diventano automaticamente degli elementi negativi. La questione è molto complessa e va, secondo me, affrontata alla radice. Le quote, quindi, possono contribuire, ma non possono risolvere le questioni di fondo.

D. – Le sembra che in questi anni le donne in Italia abbiano dato un contributo importante alla società oppure c’è da chiedersi se siano rimaste troppo in silenzio, con troppe poche aspirazioni?

R. – Io dico sempre che non amo gli storici e le storiche che seggono sui tribunali della storia. Non è così semplice. Un’impostazione di questo tipo, infatti, presuppone un’impostazione di tipo volontaristico, per cui ci sono dei gruppi di donne attive che fanno delle cose, per cui noi abbiamo delle cose. Purtroppo la storia, i processi storici sono molto più complessi. E’ troppo complicato per riassumerlo in questa formula: le donne sono state protagoniste o no? Essere protagoniste, infatti, o non esserlo naturalmente ha a che fare con dinamiche sociali molto più complicate.

D. – Come vorrebbe che venisse festeggiato questo anniversario, i 70 anni del voto?

R. – Intanto, mentre parlo con lei, sfrecciano sul cielo di Roma, dove ci troviamo, le Frecce Tricolore. Non c’è un nesso immediato tra donne e pace, c’è però un segno della differenza che storicamente è stata ricostruita. Io vorrei che si ricordasse l’impegno delle donne nella sfera pubblica, in favore dei diritti sociali, dei diritti per gli ultimi, in favore di una risoluzione dei conflitti e dei contrasti senza l’uso della violenza.








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