2016-06-01 13:28:00

Afghanistan. Strage a Ghazni. I talebani rivendicano attentato


In Afghanistan, è di sei morti e oltre dieci feriti il bilancio di un nuovo attentato kamikaze a Ghazni, nella parte orientale del Paese. Colpiti dai talebani gli uffici della Corte d'Appello. Tra le vittime ci sono quattro civili e un poliziotto, come confermato dal governatore della provincia, Mohammad Aman Amin. Tra i feriti c'è anche il presidente del Tribunale. Massimiliano Menichetti ha parlato della complessa situazione nel Paese, in cui si alternano iniziative di dialogo e attentati, con Pietro De Carli esperto dell’area e autore del libro “Afghanistan nella Tempesta, la farsa della ricostruzione", edito da Albatros:

R. – Il 2016 sembrava preludere a una ripresa del dialogo, grazie ad un’intensa attività diplomatica da parte del governo pakistano, che ha coinvolto anche l’Iran in seguito dei nuovi positivi sviluppi a livello internazionale. In realtà, però, pare che quest’operazione fatichi a raggiungere un risultato tangibile: da un lato, per la minaccia sempre più forte dei talebani, e dall’altro anche per la mancanza di un quadro di riferimento internazionale favorevole, che dovrebbe fare da traino a quest’obiettivo.

D. – Quindi, il problema non è soltanto la destabilizzazione dell’area come in Siria e in Iraq, ma anche il ruolo degli attori internazionali?

R. – Penso soprattutto a Stati Uniti, Russia e Cina e ai Paesi confinanti l’Afghanistan, come l’India, il Pakistan e l’Iran. Perché la pace deve diventare l’obiettivo prioritario, inequivocabile, da perseguire, mettendo in secondo piano le ambizioni di dominio geopolitico – militare, economico e politico – che purtroppo ancora prevalgono. La comunità internazionale non si rende conto che la stabilizzazione delle aree di crisi può venire solo con soluzioni diplomatiche lungimiranti, rifuggendo da illusorie tentazioni di ritenere che i conflitti si possano risolvere solo con la forza. Così non si uscirà da questo impasse. Bisogna che l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi del Golfo non soffino sul fuoco della perenne rivalità tra sciiti e sunniti. Bisogna che l’Occidente sappia esercitare una pressione nei loro confronti, e che non soccomba di fronte al prevalere degli interessi economici.

D. – Chi ha interesse affinché il Paese rimanga in questa condizione critica?

R. – Ad esempio, coloro che hanno interesse ad alimentare la produzione dell’oppio, che è si incrementata notevolmente in Afghanistan. Il Paese è stato a lungo il leader globale della produzione di oppio, però mentre prima questa produzione si rivolgeva all’estero, nell’ultimo decennio è diventato uno dei Paesi più colpiti dalla dipendenza da sostanze stupefacenti. Inoltre, vogliono destabilizzare il Paese coloro che hanno interessi politici, perché appartengono a quelle fazioni che vogliono impedire uno Stato sempre più affermato sulla laicità. Comunque, in ogni caso, si nascondono sempre interessi economici.

D. – Un indice drammatico è anche quello dei bambini che continuano a far parte dei flussi che fuggono dal Paese…

R. – Questo è forse l’aspetto più drammatico: un fenomeno nuovo nella rotta dei migranti è soprattutto quello dei minori che dall’Afghanistan raggiungono i Balcani, l’Italia e l’Europa. Purtroppo, questo dimostra il fallimento degli obiettivi di stabilizzazione che la comunità internazionale si era prefissata. È drammatico che le famiglia afghane non afflitte dalla povertà paghino somme ingenti – fino a 8-9-10 mila dollari – per affidare i loro figli a delle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. È terribile immaginare che questi minori non accompagnati siano in larga scala tra i 10 mila minori stranieri in Europa non accompagnati che sono scomparsi.








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