2016-05-29 11:42:00

Iraq: cristiani e musulmani pregano insieme per la pace


In Iraq la chiesa della Regina del Rosario a Baghdad ospiterà domani pomeriggio una preghiera interreligiosa contro le violenze e il terrorismo. A lanciare l’iniziativa il patriarca caldeo Louis Rapahël Sako: quel che serve – afferma - “non sono le opzioni militari, ma la preghiera”. Pregheranno insieme cristiani, musulmani, sabei e yazidi. Ma sentiamo, al microfono di Gabriella Ceraso, lo stesso patriarca Sako:

R. – Se cristiani e musulmani ed altri pregano sinceramente davanti a Dio, questo cambierà la mentalità, cambierà la cultura, aiuterà anche la riconciliazione. Questa preghiera sarà trasmessa dalla televisione e dunque la gente vedrà. Anche i testi sono ben preparati, appropriati alla situazione. Ognuno di noi metterà una candela davanti alla Madonna e la Madonna è rispettata da tutti. Io non ho trovato altro. Alcuni mi avevano chiesto un incontro tra i politici: veramente, è molto difficile. La preghiera può cambiare, forse non la situazione ma gli uomini.

D. – Quindi una preghiera proprio per questa occasione, una preghiera che possa essere per tutti, perché tutti quelli a cui voi parlate sono persone che sono state ferite da questa guerra che non ha fine …

R. – Tutti sono stanchi. Dodici anni di guerra e scontri, rifugiati, morti, orfani. Dove va il nostro mondo? Dunque bisogna aprire gli occhi e ottenere una riconciliazione, riconoscere l’altro, rispettare l’altro. Siamo in una unica società, tutti siamo cittadini e dunque perché tutto questo male? E’ contro la volontà di Dio ma anche contro il suo destino … La religione ha una missione e la missione della religione è per l’uomo. Tutto è per l’uomo: Gesù è per l’uomo, il Vangelo è per l’uomo ma anche per i musulmani il Corano è per l’uomo e non al contrario. Dunque, l’uomo dev’essere una persona felice. Tutta questa brutta guerra non ha senso. E’ contro tutto!

D. – Siamo, in Iraq, in un momento molto molto delicato. C’è Falluja, forse c’è Mossul, ci sono momenti di violenza che si preparano. Le voglio solo chiedere: questa preghiera è anche per la popolazione che potrebbe soffrire per queste nuove azioni di guerra?

R. – A dire la verità, noi ogni giorno qui, nel Patriarcato, preghiamo per Falluja e per Mossul; ho anche chiesto a tutti i preti di pregare per questa gente, che non solo non ha da mangiare ma vive nel panico. Io sono molto indignato, umiliato a vedere tutta questa gente e non so come fare. Oggi pensavo, anche con i nostri preti, di aprire una mensa per dare cibo a questi poveri, a questi profughi. Ho anche chiesto alla Caritas di portare cibo e medicine a questi sfollati. Per noi è un dovere, non solo perché siamo cristiani, ma perché siamo cittadini, uomini. La fede non è una faccenda ideologica: dev’essere un impegno.








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