Un passo storico verso una più profonda unità tra anglicani e presbiteriani. È quanto ha dichiarato l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Justin Welby, dopo la l’approvazione all’unanimità, da parte degli oltre 700 deputati del Sinodo presbiteriano, della dichiarazione di Colombano: l’accordo in base al quale la Chiesa di Scozia e la Chiesa d’Inghilterra si riconoscono reciprocamente come Chiese e si impegnano a proseguire nel cammino dell’unità visibile. A rendere ancora più solenne il momento – riporta L’Osservatore Romano - è stata la partecipazione al dibattito del primate Welby, il primo arcivescovo di Canterbury a presenziare a un’assemblea generale della Chiesa di Scozia.
Il documento frutto di un lavoro ultradecennale
Il documento ha richiesto un lavoro ultradecennale.
Esso prevede tra l’altro l’accoglienza reciproca dei membri delle due comunità e,
in prospettiva, la piena interscambiabilità dei ministri di culto, oggi possibile
su base ristretta. La dichiarazione di Colombano, intitolata al monaco irlandese tra
i padri del cristianesimo celtico, definisce poi i passi per approfondire i temi che
dividono ancora la Church of Scotland e la Chiesa d’Inghilterra, come per esempio
l’episcopato, e per rafforzare la collaborazione e la comune testimonianza nella società.
Un impulso verso una più profonda comunione
“Riconoscersi reciprocamente come Chiese è un passo
importante dal quale non può che derivare un grandissimo impulso verso una più profonda
comunione, non soltanto con la Chiesa di Scozia, ma con le Chiese presbiteriane nel
mondo intero”, ha detto nel suo intervento l’arcivescovo di Canterbury. La dichiarazione
di Colombano “è un invito a riflettere sulla necessità di superare i confini, sia
nazionali sia teologici”, ha la affermato da parte sue la pastora presbiteriana Alison
McDonald, presidente, per parte scozzese, della commissione che ha stilato il documento
e ha istruito la sua presentazione all’assemblea generale. “Pur essendo la nostra
una Chiesa nazionale — ha concluso— la nostra missione non è limitata al servizio
degli scozzesi, ma si inserisce nell’opera di testimonianza resa dai cristiani in
ogni parte del mondo”. (L’Osservatore Romano)
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