2016-05-26 15:39:00

Parco Verde. Don Manganiello: meno riti e più assistenza a famiglie


Si terrà oggi nel Parco Verde di Caivano un dibattito pubblico e una marcia della società civile e delle autorità per ricordare i piccoli Fortuna e Antonio, vittime della pedofilia. “Un momento di confronto su un tema delicato come la tutela dell’infanzia sul territorio”, ha detto il sindaco di Caivano, Simone Monopoli. All'iniziativa partecipa anche l'associazione antimafia "Caponnetto" e l'onlus "La Caramella buona onlus". Al microfono di Valentina Onori ascoltiamo don Aniello Manganiello dell’Opera don Guanella ed ex parroco di Scampia:

R. – Quello che è avvenuto al Parco Verde ha sconvolto l’Italia: per come sono andate le cose, per questa violenza nei confronti di questi bimbi, senza che ci sia stato da parte degli abitanti del Parco Verde una sorta di abbattimento dell’omertà, del silenzio. E’ uno degli aspetti più devastanti, cui si unisce anche l’ignoranza, la mancanza di cultura, una promiscuità in questi quartieri significativa e l’incapacità anche di gestire i percorsi educativi dei propri figli e di individuare anche criticità che i bambini possono evidenziare. Le famiglie non sono attrezzate. Molte volte mancano anche i servizi sociali. Siamo un po’ tutti chiamati in causa: le parrocchie, la scuola, i servizi sociali del Comune. In tutto questo discorso, si è evidenziata una fragilità a livello familiare.

D. – A cui si aggiunge anche l’omertà…

R. – Succede quello che avviene anche con la criminalità organizzata, la stessa dinamica che si è evidenziata e che costituisce uno degli aspetti più sconcertanti di tutta questa vicenda: nessuno vede mai niente. Questa è la strategia per tenere lontano la polizia e per dare del Parco Verde un aspetto il più possibile tranquillo. Perché forse volevano nascondere anche l’altra attività molto remunerativa che fa profitti: lo spaccio di droga.

D. – L’attenzione mediatica è stata di aiuto?

R. – Mettere sotto i riflettori quel “Parco Verde” ha tenuto alta l’attenzione degli inquirenti e ha contribuito anche ad aprire un varco nel silenzio dei bambini.

D. – La tutela dell’infanzia, dei bambini in queste zone deve essere ancora più forte…

R. – Quando ci sono gli elementi per decidere che i bambini vengano sottratti alle famiglie, per dare loro una sistemazione, per una cura migliore, io dico che questo bisogna avere il coraggio di farlo. Laddove la famiglia non è in grado di educare o la si mette sotto tutela di uno psicologo, di una equipe di educatori e la si aiuta, oppure i bambini devono essere collocati altrove. In quartieri periferici come il nostro – Scampia, rione don Guanella, rione San Gaetano – il pericolo di finire in certi ambiti, in certi ambienti, di fare certe scelte è dietro l’angolo. Come il silenzio è mafia, anche chi fa silenzio di fronte ad un caso di pedofilia è complice anche lui, va perseguito anche lui a livello di giustizia.

D. – Adesso ci saranno degli sviluppi giudiziari nel caso di Fortuna?

R. – Fanno ping pong, si addossano le colpe a vicenda per inquinare le prove, per disorientare gli inquirenti, per arrivare a dire che i bambini non stanno dicendo la verità. Io dico che in questo caso al Parco Verde l’omertà non è stata solamente di qualcuno, ma di tanti.

D. – La Chiesa in che modo lavora in queste zone?

R. – C’è bisogno di una maggiore vicinanza alle famiglie, con accorgimenti, strategie di rispetto, con passi felpati. La Chiesa può molto. Lasciamo stare i riti, le processioni, le manifestazioni religiose in certi quartieri e puntiamo molto di più sull’accompagnamento personale. L’attenzione all’uomo è uno degli elementi più importanti dell’esperienza missionaria di Gesù. Riusciremmo ad ottenere e a fare di più.

D. – Sia dalla parte della vittima che dall’altra parte?

R. – Decisamente si, perché il pedofilo è un malato che va curato. Non bisogna dargli, però, il colpo di grazia. Forse non riusciremo ad avere la guarigione, però nemmeno lo si può lasciare a se stesso. La presenza della Chiesa è per la vittima e per il carnefice.  

 

Roberto Mirabile, presidente dell'associazione “La Caramella Buona Onlus”  è consulente di parte civile nel processo per l'omicidio di Fortuna. Ci ha parlato di alcune proposte concrete per aiutare famiglie ed educatori nella tutela dei bambini:

R. – Prevenire i fatti di pedofilia a prescindere da dove ci troviamo. Siamo a Caivano perché la cronaca ci porta lì, però non è un fenomeno da “ghetto”: la pedofilia viaggia a livelli trasversali in ogni strato sociale. Il segnale che noi vogliamo lanciare è questo: oggi siamo a Caivano, ieri eravamo a Roma, domani saremo a Reggio Emilia.

D. – La tutela dell’infanzia in Italia a che livello è?

R. – C’è ancora molto da fare, in Italia come in tutto il mondo. Il problema è che un conto è quanto c’è scritto sul Codice penale, e un conto è quanto poi viene applicato anche nelle aule dei tribunali. Il pedofilo è un soggetto altamente recidivo, vuol dire che può fare nel suo percorso di vita molte vittime, ha un effetto moltiplicatore. Va monitorato: non è una caccia alle streghe, ma quando esce dal carcere dobbiamo assolutamente renderci conto che lui può continuare a essere pericoloso per ancora tanti anni. Poi, è anche un fattore culturale: la pedofilia si sviluppa sempre di più anche grazie a un’ipocrisia e a un’omertà che esiste, ma esiste in ogni latitudine e in ogni contesto sociale, perché è un fenomeno talmente brutto che ci mette allo scoperto con il nostro inconscio, con il nostro essere uomini e quindi cerchiamo di rifiutarlo. Invece, dobbiamo affrontarlo con l’informazione corretta. I bambini parlano sempre, anche quando hanno la bocca chiusa: sta a noi adulti trovare la capacità di interpretare il loro eventuale silenzio, che è sempre indice di un disagio, di qualche cosa che non va.

D. – A livello giudiziario, nel caso di Fortuna, voi come consulenti di parte civile nel processo cosa chiedete?

R. – Dei tempi stretti, nel rispetto delle regole, della legislazione, dei diritti anche dell’imputato o di quelli che potranno essere gli imputati. Dobbiamo ancora scoprire diverse cose, dobbiamo verificare se altri bambini, purtroppo come si pensa, siano stati abusati e strumentalizzati in questi tempi, per raggiungere la verità in poco tempo. Anche perché saremo impegnati nel primo grado, nel secondo grado e sicuramente in Cassazione e non vogliamo che questo processo, come tanti altri che affrontiamo, possa durare otto o dieci anni.

D. – Nel territorio, la collaborazione tra scuole e comune dà i suoi frutti per la tutela dell’infanzia?

R. – A Caivano in particolare, proprio in queste ultime settimane nelle scuole c’è un forte fermento, una forte volontà di collaborazione e di aprirsi ad associazioni interessate a fare delle opere di tutela concreta. Sul territorio nazionale c’è questa crescita del desiderio di maggiore conoscenze, ma non è ancora sufficiente perché purtroppo ancora abbastanza spesso incontriamo adulti – genitori e anche educatori – che ci dicono con sorpresa: “Ma, è impossibile parlare di prevenzione e di pedofilia con i bambini”: non è vero. E’ assolutamente possibile; logicamente occorre che ci sia un esperto che lo faccia con il linguaggio dei bambini, senza spaventarli. C’è ancora molto tabù: la verità è questa. Vorremmo che ci fosse molta più attenzione e molta più accoglienza, da parte soprattutto delle scuole nell’affrontare questo argomento, che si deve e si può affrontare con le parole giuste.

D. – Voi come onlus “Caramella buona” che cosa proponete?

R. – Che le scuole siano obbligate a mantenere per alcuni anni i disegni che fanno i bambini. Spesso ci troviamo nei Tribunali e come periti non abbiamo più a disposizione, per la consulenza, i disegni che i bambini fanno a scuola. Proponiamo anche che periodicamente qualche insegnante proponga alle classi un tema nel quale il bambino, scrivendo, possa in modo molto naturale esprimere i propri sentimenti sia di felicità che di disagio. Vogliamo invece che diventi obbligatorio il percorso terapeutico una volta che il pedofilo esce dal circuito carcerario.








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