2016-05-21 14:00:00

Gänswein: nessun corvo o traditore ha spinto Benedetto XVI alla rinuncia


“Un Pontificato dell’apertura intellettuale e dell’incontro”. Così è definito il ministero di del Papa emerito da don Roberto Regoli, autore del libro “Oltre la crisi”. Il testo, che intende storicizzare gli otto anni del pontificato di Benedetto XVI, è stato presentato a Roma, nell’Università Gregoriana, dall’arcivescovo Georg Gänswein, segretario particolare del Papa emerito, e dallo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Il servizio di Eugenio Murrali:

Quando il suo biografo, Peter Seewald, chiese a Benedetto XVI se si sentisse "la fine del vecchio o l’inizio del nuovo", Ratzinger rispose con perspicacia, “Entrambi”. Da questa constatazione della complessità del ministero di Papa Benedetto prende le mosse l’analisi storica di don Roberto Regoli. Così l’autore spiega il titolo del suo lavoro:

"'Oltre la crisi' dà l’idea di un Pontificato che si confronta su lungo periodo".

La difficoltà maggiore in quest’opera di storicizzazione è derivata dall’impossibilità di accedere ai documenti degli archivi vaticani che, come è noto, vengono aperti solo dopo molto tempo:

"Mi sono dovuto esercitare su una documentazione non archivistica ma accessibile: i discorsi pubblici del Papato, tutti i documenti di Benedetto XVI, quelli della Curia, le interviste dei cardinali e quelle dei grandi protagonisti dell’epoca e tutte le interpretazioni dei giornalisti, facendo però un’analisi critica". 

Nell’incontro alla Gregoriana, mons. Gänswein, commentando il libro, ha offerto una sua sintesi della figura di Benedetto XVI, a partire dalla battaglia contro il relativismo:

"A una dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io, aveva contrapposto il Figlio di Dio e vero uomo come misura del vero umanesimo". 

L’immagine del Pontefice è stata arricchita anche dalle parole con cui Andrea Riccardi ha insistito sul carattere persuasivo del governo di Ratzinger:

"Il grande equivoco: l’immagine "dura" di Ratzinger. Invece, giustamente, Regoli scrive – e sono parole chiave in questa biografia – “Benedetto vuole convincere, non imporre”. Qui appare una caratteristica di Ratzinger che allo stesso tempo è forza e debolezza del suo Pontificato. A pagina 135, secondo me, c’è la svolta interpretativa. È la sua forza gentile, un magistero articolato, persuasivo che – credo – dovrà essere ripreso e approfondito".

La personalità umana del Papa emerito è stata inoltre raccontata nella sua profondità dalla descrizione che mons. Gänswein ne ha fatto:

"Benedetto non è stato un Papa attore e ancor meno un insensibile Papa automa. Anche sul trono di Pietro è stato ed è rimasto uomo. Non fu un libro ingegnoso, fu un uomo con le sue contraddizioni. È così che io stesso l’ho potuto conoscere e apprezzare quotidianamente".

A queste parole, mons. Ganswein ha aggiunto particolari inediti sul dolore di Ratzinger per la scomparsa inattesa di Manuela Camagni:

"L’autore definisce quel 2010 un anno nero per il Papa e precisamente in relazione al tragico incidente mortale occorso a Manuela Camagni, una delle quattro Memores appartenenti alla piccola famiglia pontificia. Posso senz’altro confermarlo. A confronto con tale disgrazia i sensazionalismi mediatici di quegli anni, pur avendo un certo effetto, non colpirono il cuore del Papa tanto quanto la morte di Manuela, strappata così improvvisamente a noi". 

Inoltre, il presule tedesco ha voluto precisare con parresia come la rinuncia al Soglio pontificio sia stata dettata da una profonda riflessione interiore più che dagli eventi esterni:

"È bene che io dica una volta per tutte, con tutta chiarezza, che Benedetto non si è dimesso a causa del povero e mal guidato aiutante di camera oppure a causa delle ghiottonerie provenienti dal suo appartamento che nel cosiddetto affare 'Vatileaks' circolarono a Roma come moneta falsa e che furono commerciate nel resto del mondo come autentici lingotti d’oro. Nessun traditore o corvo o qualsivoglia giornalista avrebbe potuto spingerlo a quella decisione. Quello scandalo era troppo piccolo per una cosa del genere e tanto più grande è stato il ben ponderato passo di millenaria portata storica che Benedetto XVI ha compiuto". 

Il segretario particolare di Benedetto XVI si è quindi soffermato sulla portata rivoluzionaria del gesto di rinuncia:

"Dall’elezione del suo successore, Papa Francesco - il 13 marzo 2016 - non ci sono dunque due Papi, ma di fatto un ministero allargato con un membro attivo e uno contemplativo. Per questo, Benedetto non ha rinunciato né al suo nome né alla talare bianca. Per questo, l’appellativo corretto con il quale bisogna rivolgersi a lui è ancora 'Santità'. Inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano, come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo Successore e a una nuova tappa della storia del Papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la centralità della preghiera e della compassione posta nei Giardini vaticani".

Gli fa eco don Regoli:

"Forse, solo Ratzinger poteva permettersi una cosa del genere, perché tutti i suoi predecessori ci avevano pensato, almeno da alcune testimonianze che abbiamo, ma nessuno aveva voluto compiere un passo del genere. Lui l’ha compiuto come frutto di una riflessione teologica postconciliare. E anche nelle interpretazioni che vediamo da parte di alcuni teologi, anche nella rinuncia a un ministero attivo quell’uomo investito della funzione di Papa rimane Papa, rimane tale. Questo prima non era possibile". 

Per comporre la sua analisi storica, don Roberto Regoli ha dovuto consultare un’imponentissima bibliografia e confrontarsi anche con le informazioni più delicate, ma, ha spiegato l’autore, l’importante è utilizzare i documenti e non farsi usare da essi.








All the contents on this site are copyrighted ©.