2016-05-12 06:00:00

In Paradisum: Ramin Bahrami al Concerto della Misericordia


Concerto straordinario per l’Anno santo della Misericordia, ieri sera l’Auditorium Parco della musica di Roma. Lo ha proposto l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Protagonisti: il pianista iraniano, Ramin Bahrami, specialista di Bach, e il Coro dell’Accademia, in una selezioni di brani di musica sacra. Dal ‘600 al ‘900, fino al delicato richiamo alla grazia di Dio nel brano che dà nome al concerto, "In Paradisum", di Maurice Duruflé. “Suoni misericordiosi per il pubblico di oggi”, spiega al microfono di Gabriella Ceraso, il maestro Ramin Bahrami:

R. – Sicuramente, è un concerto pensato per l’Anno Santo, pieno di elementi che rimandano alla bellezza, al Paradiso e alla pace, della quale il nostro mondo ha tanto bisogno. Per cui, è un concerto – oserei dire – fatto di bellezza, unione, apertura. Come il Santo Padre spesso sottolinea, bisogna aprirsi e non chiudersi. E la musica di questi giganti, da Bach a Duruflé, ce lo dimostra, perché hanno sempre saputo trovare i suoni giusti per una umanità giusta. E la nostra umanità oggi fa troppo rumore inutile: c’è troppa frenesia, c’è una mancanza totale del ritmo interiore equilibrato. Abbiamo il dovere di ascoltare e far ascoltare suoni ben temperati.

D. – A proposito di suoni temperati, di bellezza e di sacralità, il concerto si apre con i "Mottetti" di Bach, forse una pagina meno conosciuta di questo colosso che lei tanto ama. Si tratta di un affresco sacro o di una meditazione intima?

R. – Riflessioni assolutamente intime, combinate al genio di un giocoliere divino, che aveva un canale privilegiato con il Padre Eterno. Perché la musica di Bach, l’ho detto in diverse occasioni, è sicuramente la migliore colonna sonora che il Padre Eterno abbia mai avuto per creare le sue meraviglie. Il bello della vera fede è anche il suo essere gioco, gioia: gioia e amore. E Bach in questo riesce perfettamente. Sono piccole miniature, fatte di grande sapienza, e in alcuni momenti non sono neanche inserite le parti della tastiera, ma io ho voluto fortemente che ci fosse un accompagnamento. Si tratta infatti di un concerto di voci, voci pianistiche e voci vocali, che si incontrano e si abbracciano e che vogliono – simbolicamente – dare una visione un pochino più consapevole e umana a questa società che non è una società misericordiosa. È una società egoista e questo non esiste nella musica di Johann Sebastian Bach. Nella sua musica esiste l’approccio più totale: una voce verso l’altra, senza nessuna supremazia o inferiorità.

D. – Maestro, intima devozione anche nei brani di Haydn in programma, mentre nel Salmo 150 di Bruckner che eseguirete c’è una vera e propria esplosione di lode e di adorazione pura a Dio, giusto?

R. – Sì, sicuramente nel caso di Bruckner che lei ha citato c’è un’esplosione di colori, di luce, mentre nel “Mondnacht” di Brahms, che è anche in programma, c’è un’intimità notturna fatta di penombra, di intimità più assoluta verso qualcosa di assolutamente eccelso.

D. – È invece un dolcissimo canto di domanda di grazia a Dio "In Paradisum”, il brano tratto dal Requiem n.9 di Duruflé che chiude il concerto. Lei come lo legge questo brano? Come ce lo spiegherebbe?

R. – Assolutamente, questo è un omaggio alla vita migliore, che non è sulla terra. Una voglia di Paradiso che dovremmo avere tutti. E allora, tanto vale fare il passaggio più pieno di luce, di buone azioni e di solidarietà, con meno egoisti. Questa è la lezione più grande di questi giganti della musica. Ma in particolare nel “In paradisum” è proprio presente quest’aspetto onirico-spirituale, di cui forse abbiamo bisogno.








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