2016-05-11 12:49:00

Studio Fict: cannabis e alcool i più diffusi tra i giovani


Essere sempre più presenti e attenti ai mutamenti della società attuale, per poter aiutare in maniera efficace e tempestiva le persone cadute nel tunnel di dipendenze come droga e alcool, ma anche comportamentali come il gioco d’azzardo o un uso smodato di Internet. Con questo obiettivo si è concluso a Roma l’incontro “Per costruire insieme il futuro”, promosso dalla Federazione Italiana Comunità terapeutiche (Fict). Il servizio di Marina Tomarro:

E’ la cannabis insieme al consumo di alcool, la dipendenza più forte che circola soprattutto tra i giovani. Infatti, secondo l’Osservatorio Europeo di Lisbona, nell’ultimo anno nel Vecchio continente sono oltre 14 milioni le persone in età compresa tra 14 e 34 anni che hanno consumato abitualmente questa droga. Questo è il primo dato che emerge dall’incontro della Fict, la Federazione italiana comunità terapeutiche. Il presidente, Luciano Squillaci.

R. – Oggi, noi ci troviamo in modo particolare a dover fare i conti con le dipendenze e gli stili di vita del mondo giovanile. E’ chiaro che il mondo delle dipendenze è estremamente variegato e purtroppo ci troviamo con situazioni di giovani, e anche giovanissimi, che oggi si trovano a fare i conti con droghe intelligenti, con sostanze particolari sconosciute ai più, con cocktail, con tantissimo alcol in tutte le sue forme e anche con quelle droghe che noi chiamiamo "droghe comportamentali", cioè quelle droghe senza sostanza che sono Internet e il gioco d’azzardo. Oggi come oggi, la vera emergenza è sotto il profilo educativo e sotto il profilo giovanile. Noi non siamo più in grado di testimoniare ai nostri giovani stili di vita che abbiano veramente significato.

D. – In che modo si aiutano queste persone a superare queste dipendenze?

R. – Noi diciamo sempre che quando si arriva al momento in cui dobbiamo aiutarli a superarle, abbiamo fallito qualcosa prima. Infatti, il lavoro vero è quello educativo e preventivo. E’ chiaro che nel momento in cui però, purtroppo – e sono tantissimi e sempre di più – si cade nel vortice delle dipendenze, a quel punto c’è un sistema di servizi che ormai vanta professionisti sicuramente di livello. Non è più il vecchio, pionieristico volontariato che facevamo sui territori, ma che al di là delle professioni si sforza comunque di prendersi carico integralmente della persona, contrariamente a quanto purtroppo spesso siamo costretti ad assistere, cioè quegli interventi – soprattutto in ambito sanitario e sociale – cosiddetti “prestazionali”, cioè che si occupano di pezzetti della persona. Ecco: noi proviamo a prenderci carico della persona nella sua totalità.

D. – In che modo anche lo Stato potrebbe aiutare maggiormente in questo campo?

R. – Innanzitutto, dovrebbe interessarsene. Non si ragiona sui bisogni, ma si ragiona sulle risorse che sono sempre meno. Per esempio, se è vero come è vero che l’ambito educativo è l’elemento centrale nel contrasto alle dipendenze, ebbene sulla prevenzione ormai da diversi anni non c’è più un euro di investimento.

E nel territorio italiano sono 600 i servizi offerti dalla Fict che tentano di dare una mano a coloro che sono entrati nel tunnel di queste dipendenze e cercano di uscirne. Ma non sempre basta. Ascoltiamo il commento di mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza episcopale italiana, intervenuto all’incontro:

R. – Mi sembra un tema un po’ sottovalutato, oggi. Veramente, un po’ troppo sottovalutato. A sentire il silenzio – sembra una contraddizione – intorno a questa realtà, sembra che il tema della tossicodipendenza non esista o si sia ridotto. Invece, i numeri e gli operatori ci dicono che purtroppo questo non c’è. C’è invece una sorta di “sonno della ragione” rispetto a questa realtà. C’è una sorta di assopimento, c’è una sorta di resa rispetto a questo tema. E di questa resa pagano le conseguenze non soltanto i tossicodipendenti, ma quelli che noi spesso dimentichiamo, cioè tutti coloro i quali stanno intorno a loro, e quindi le loro famiglie.

D. – Cosa si potrebbe fare di più, secondo lei, per loro e anche per le loro famiglie?

R. – Secondo me, bisogna porre le premesse perché non si arrivi a questa realtà, perché il mondo della tossicodipendenza è anche un mondo che crea tanti impedimenti a essere accostato, tanto per incominciare. Per cui, io penso che una società non debba interessarsi e preoccuparsi soltanto di come trattare i tossicodipendenti, ma debba impegnarsi di più per vedere cosa possa fare per non fare arrivare i ragazzi, i giovani, in queste condizioni. E da questo punto di vista mi sembra che da fare ci sia veramente tanto: tanto a livello di scelte, a livello di valori, di proposte, che abbiano un loro senso oggi.








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