2016-05-10 15:14:00

Save the Children rilancia la campagna "Illuminiamo il futuro"


Ancora una volta l’Italia dimostra di essere anni luce lontana dai target europei e ancora una volta è il sud della Penisola a dare conto del divario che riguarda la povertà educativa di bambini e adolescenti. E’ Save the Children, nel suo ultimo Rapporto, a dare conto delle scarsità di servizi per l’infanzia e dell’insufficienza della qualità dell’offerta educativa. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Sicilia e Campania al primo posto, seguite da Calabria, Puglia e Molise: il Mezzogiorno di Italia ha il primato di maggiore povertà educativa, laddove cioè i minori hanno meno possibilità di apprendere. Lombardia, Emilia Romagna e Friuli, le regioni più virtuose. Con il Rapporto “Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?”, Save the Children, che ha lanciato ieri per sette giorni una campagna ad hoc, ci dice i bambini che vivono in condizioni di forte deprivazione economica sono i più esposti alla povertà educativa. E in Italia oltre un milione di bambini vive in povertà assoluta. Raffaela Milano è il direttore del programma Italia-Europa dell’Organizzazione:

R. – Noi abbiamo voluto provare a misurare la povertà educativa attraverso alcuni indicatori che riguardano l’offerta dei servizi educativi. Ad esempio: il numero di bambini che hanno la possibilità di accedere ad un asilo nido; quanti riescono ad avere un servizio di mensa; quanti hanno la scuola a tempo pieno e così via, e poi altri indicatori che, invece, riguardano gli effetti e gli esiti del percorso formativo. Di conseguenza, ad esempio, un dato molto critico è quello che riguarda i ragazzi di 15 anni che non raggiungono i livelli minimi di competenze in matematica o in italiano, oppure quello del tasso di dispersione scolastica. Tutti gli effetti, quindi, della povertà educativa nella vita e nella biografia dei bambini.

D. – Guardando la classifica delle regioni, appare evidente la stretta correlazione tra povertà in termini economici e povertà educativa…

R. – Sì ed è ancora più grave se consideriamo che è proprio nei luoghi del Paese in cui la povertà minorile è più forte. Quindi, servirebbe una rete di servizi educativi, ma questa rete educativa invece è un po’ lo specchio della povertà economica. Quindi, è una rete più debole. In Calabria, per esempio, solo 2 bambini su 100 hanno accesso all’asilo nido e noi sappiamo che un solo anno di un asilo nido di qualità ha una funzione importantissima per ridurre i rischi di dispersione scolastica. Questo indice ci racconta anche questo paradosso: servizi più poveri proprio laddove ci sarebbe bisogno di un sistema di protezione forte rispetto ai rischi di povertà.

D. – Sono due anni che stilate questo Rapporto: si è notato un peggioramento?

R. – In realtà, abbiamo notato dei miglioramenti, penso alla Campania, che ha ridotto il tasso di dispersione scolastica e dove le aule con la connessione Internet sono aumentate sensibilmente. Però, è un miglioramento che va troppo lento... Questo divario enorme, che vediamo in Italia, non viene affrontato in modo abbastanza forte e determinato.

D. – Il che rende abbastanza oscuro il futuro di queste generazioni e il futuro del Paese...

R. – Certamente sì. Purtroppo, quando si arriva a 15 anni senza aver maturato delle competenze minime di apprendimento, senza aver avuto modo di capire quale siano le proprie capacità e i propri talenti, spesso si arriva già rassegnati e con l’idea, ad esempio, di lasciare la scuola e poi è molto difficile recuperare. Si sta davvero producendo un danno che non riguarda solo l’oggi dei bambini, ma anche il domani degli adulti che saranno.

D. – Voi avete ulteriormente rilevato la connessione tra la povertà educativa e quei ragazzi, tra i 15 e i 29 anni, che non lavorano e non frequentano percorsi di istruzione e formazione…

R. – Sì. Sono i cosiddetti “neet” (Not in Education, Employment or Training ndr), ragazzi che non sono né in formazione né impegnati in una occupazione. Sono ragazzi, di fatto, disconnessi rispetto alla realtà e al mondo che li circonda. E’ un fenomeno gravissimo! E le radici vengono anche dall’infanzia.

D. – In politica si parla dei giovani. Ritenete che, forse, di questo si parli troppo poco invece, della povertà educativa?

R. – Si parla sicuramente poco. Devo dire che un segnale importante quest’anno lo abbiamo avuto: per la prima volta, governo e parlamento, nella Legge di stabilità, hanno stanziato un fondo per un piano innovativo di tre anni, dedicato proprio al contrasto della povertà educativa minorile. Se ben speso e se ben orientato, può dare un segnale almeno sul fatto che il tema è stato messo nell’agenda della politica. Tuttavia, quello che noi vediamo è che non c’è abbastanza attenzione ai territori che sono davvero più deprivati. Qui non c’è bisogno tanto di progetti, qui c’è bisogno proprio di cambiare completamente alcuni territori che sono i più deprivati. Bisognerebbe veramente fare un intervento integrato, che preveda la scuola aperta tutto il giorno, degli spazi riqualificati in cui poter giocare, in cui poter fare sport, servizi per la prima infanzia e servizi per i genitori. Solo così si può riuscire a determinare un cambiamento.

Per sette giorni, Save The Children riaprirà la Campagna “Illuminiamo il futuro”. Lanciata nel 2014, da allora ha attivato 16 punti luce in nove regioni italiane, ossia spazi ad alta densità educativa che sorgono in quartieri svantaggiati delle città e che, finora, hanno accolto complessivamente circa 5.500 minori.








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