2016-05-08 20:00:00

Graphic novel: così la Schiavulli racconta la guerra afghana


Cosa succede quando il fumetto incontra il giornalismo? Nasce una graphic novel, letteralmente una storia grafica, più comprensibilmente un fumetto che racconta un reportage giornalistico. “Bulletproof Diaries. Storie di una reporter di guerra” è il fumetto nato dalla collaborazione tra la reporter di guerra Barbara Schiavulli e il disegnatore Emilio Lecce, che ha riportato in forma di fumetto l’esperienza della guerra in Afghanistan prendendo spunto dall’anniversario della morte del capo terrorista, Osama Bin Laden. Al filosofo e docente della Pontificia Università Gregoriana don Rocco D’Ambrosio, abbiamo chiesto un opinione su questo nuovo modo di raccontare la realtà. L’intervista è di Stefano Leszczynski:

R. – Intanto mi complimento con l’autrice perché non è facile cimentarsi  in nuove forme espressive con temi che vengono di fatto affrontati solo con forme espressive classiche. Quindi a parte questi complimenti, ritengo che la novità sia rappresentata dall’idea di far riflettere, soprattutto i giovani, su eventi su cui noi siamo - è il caso di dire – bombardati mediaticamente. Riassumendo, c’è una quantità di notizie, di riferimenti, di immagini, di commenti e, magari, una graphic novel, un fumetto, può aiutare un po’ a pensare. Dico questo perché probabilmente invitare i giovani a leggere un libro sull’argomento può essere un po’ difficile, ma proporre lo stesso argomento - come ha fatto Barbara Schiavulli in questo libro - con un fumetto, può essere una facilitazione pur mantenendo la serietà dei contenuti e delle stesse informazioni.

D. – Il fumetto, secondo lei, può fare cultura?

R. – Lei sa bene che all’inizio della storia del fumetto questo è stato molto discusso. Attualmente, invece, viviamo in una fase in cui il fumetto è valorizzato e si fanno addirittura mostre, convegni di interpretazione... Il fumetto fa cultura perché tutto ciò che esprime le persone come singoli e come le persone diventino una società, fa cultura, cioè ci dice quello che le persone pensano, credono e le finalità con cui lo fanno. Quindi dobbiamo superare quell’approccio alla cultura un po’ classico dove la cultura è solo quella che si esprime con alcuni mezzi. Tutto ciò che fa esprimere le persone è cultura. Ovviamente poi dobbiamo valutare il prodotto finale. Non tutto ciò che si cucina è un buon piatto da mangiare, però è comunque cucinato e ci dice qualcosa su chi l’ha cucinato.

D. – Prima parlavamo della facilità di far arrivare una determinata informazione, passare un determinato messaggio alle generazioni più giovani. Ma forse possiamo dire che se lo loro sono abituati a leggere in un certo modo la realtà, dall’altra parte abbiamo le generazioni più vecchie, che si sono molto impigrite nel documentarsi e nel loro desiderio di leggere. Anche in questo caso il fumetto potrebbe aiutare?

R. – Le dirò la verità: leggendo il testo di Barbara Schiavulli ho pensato di proporlo ai miei genitori che sono anziani, perché sono fra quelli che mi chiedono spesso di essere aiutati a comprendere le vicende internazionali, quelle di cui Barbara parla, relative al terrorismo. Quindi credo che anche per queste generazioni può essere un aiuto, perché è una semplificazione che non offende la verità – perché una semplificazione può offendere la verità e il prodotto culturale – ma è una semplificazione che aiuta a interrogarsi e magari a ricercare con altri strumenti la stessa verità. In questo possono essere ben coinvolti non solo gli anziani, ma anche gli adulti.

D. - In questa graphic novel c’è una parte che più delle altre l’ha colpita?

R. - Mi ha colpito questo suo interesse, questa sua passione a ricercare la verità guardando il mondo - come Barbara scrive - partendo dai più deboli. Credo che questo sia un tema a noi caro per tutto quello che ci insegna Papa Francesco; è un tema da sottolineare costantemente, perché spesso i mezzi di comunicazione guardano il mondo e le sue storie solo partendo dai più forti o dai vincitori. Dobbiamo ricordarci invece - come diceva Bonhoeffer - che c’è una prospettiva dal basso: guardare il mondo dalla parte di quelli che soffrono di più. Questo, nel fumetto è presente e mi fa molto piacere sottolinearlo.








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