2016-05-04 16:52:00

Ddl negazionismo: posizioni ancora discordanti


Da 2 a 6 anni di reclusione. E' la pena per chi nega la Shoah o i crimini di genocidio, di guerra o contro l'umanità secondo il disegno di legge approvato in Senato che introduce nell'ordinamento italiano l'aggravante del negazionismo. Il testo corretto, e modificato (scomparso il termine "pubblicamente" che si era tentato di inserire) tornerà alla Camera in attesa della definitiva approvazione. Perchè scatti l'aggravante del negazionismo e quindi l'applicazione della penaci dovrà essere un "concreto pericolo di diffusione di tali idee". Ma le critiche, nono solo politiche, non mancano. Valentina Onori ha ascoltato i commenti divergenti sul tema del prof. Agostino Giovagnoli, docente all'Università Cattolica del Sacro Cuore e di Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

 

R. – Il Senato ha stravolto il testo elaborato dalla Camera. Quando, dunque, tornerà alla Camera sarà probabilmente messo in discussione tutto ciò che era stato fatto fino a questo momento. Di per sé il negazionismo è un’opinione e un’opinione non può essere perseguita; non si possono perseguire i reati di opinione. Il negazionismo spesso si accompagna ad atteggiamenti che incitano all’odio, all’antisemitismo, alla persecuzione di ebrei, alla violenza o, quantomeno, al disprezzo nei confronti di coloro che sono vittime di atteggiamenti che usano la negazione della Shoah nella persecuzione degli ebrei, per suscitare atteggiamenti ostili nei confronti degli ebrei. Il crinale è scivoloso, perché occorre perseguire non il reato di opinione, cioè la discussione su quello che è avvenuto storicamente durante gli anni della guerra in Europa, ma punire quegli atteggiamenti che usano la negazione di quanto è avvenuto all’interno di un disegno di incitamento, di propaganda all’odio e, quindi, poi anche alle conseguenze del disprezzo e della violenza.

D. – Quindi l’approvazione di oggi al Senato di per sé non è un successo?

R. – Io credo di no. Non è un successo perché, in realtà, si era trovato un punto di equilibrio, legando strettamente l’uso del negazionismo all’incitamento pubblico all’odio. Un conto è una frase in privato, infelice, che può più o meno sottovalutare l’importanza di quello che è avvenuto; un conto, molto diverso, è la discussione anche pubblica, scientifica su quanto è avvenuto – su cui ovviamente ci deve essere estrema libertà; e un conto, invece, l’uso strumentale, per dire che da parte degli ebrei c’è un atteggiamento vittimistico e che quindi non si deve assolutamente avere la giusta precauzione che si dovrebbe avere quando si parla di ebrei e di altre minoranze, quella cioè dell’assoluto rispetto nei loro confronti. Prevale spesso la volontà di punire. In fondo, noi ci scarichiamo la coscienza, dicendo che chi nega la Shoah deve fare tre, quattro anni di prigione, senza renderci conto che ci troviamo di fronte, spesso, a dei giovani, ragazzi ignoranti, che vivono in una situazione magari socialmente difficile e che dopo alcuni anni di galera certamente avranno atteggiamenti da criminali incalliti, che occorre invece recuperare. L’operazione da fare è un’operazione preventiva, non punitiva.

D. – Con la parola “pubblicamente” si snaturava molto la legge Mancino…

R. – Io non credo, perché, immaginiamoci un insegnante che nega in classe la shoah: beh, questo è grave, va punito. Immaginiamoci invece un gesto privato di un diciottenne contro un compagno di classe ebreo: non è la stessa cosa, non si possono mettere sullo stesso piano.

D. – Che cosa oscurerebbe un’eventuale legge sul reato di negazionismo?

R. – Se fosse un impedimento assoluto a negare la Shoah potremmo procurare dei problemi molto gravi sotto il profilo scientifico. Mi spiego: si dice generalmente che sono morti 6 milioni di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. In realtà, i calcoli più precisi parlano di 5 milioni e 800 mila, per esempio questo è un argomento di discussione storica e deve essere assolutamente libero, perché ognuno deve portare gli argomenti per arrivare il più possibile vicino alla verità. Ma se, per esempio, io dico “non è vero che sono morti 6 milioni di ebrei”, io potrei incorrere nel reato di negazionismo, semplicemente perché volevo precisare il numero degli ebrei. Deve essere garantita la libertà di ricerca storica e deve essere ben distinto l’uso del negazionismo in connessione con propaganda e incitamento all’odio. Cioè insomma, quello che deve essere colpito non è l’opinione, ma sono i comportamenti.

D. – Noi, però, da questo punto di vista avevamo un vuoto normativo…

R. – Sì, bisogna avere il coraggio di dire che è una tendenza diffusa, a livello europeo, ma è una tendenza sbagliata. Non dobbiamo aver paura di andare controcorrente.

D. – E’ anche necessaria una presa di posizione forte dal punto di vista politico…

R. – Giustissimo! Però rendiamoci conto che una legge, una volta approvata, diventa un’altra cosa: diventa cioè uno strumento non più politico, ma giuridico. Il giudice, cioè, deve comminare delle pene pesantissime a soggetti che sono innanzitutto non necessariamente meritevoli di queste pene ma, al di là di questo, sono potenzialmente esposti proprio a causa delle pene che subiranno a diventare tenacemente antisemiti. Dobbiamo, dunque, non caricare una legge che ha un contenuto penale molto preciso di questa giusta esigenza, che è quella di un segnale, di un’azione anche simbolicamente efficace. Dobbiamo renderci conto che domani ci dimenticheremo della legge, ma la legge ci sarà, i giudici la dovranno applicare e ci saranno delle conseguenze che noi non vediamo, ma che saranno negative andando più avanti nel tempo.

 

Secondo Renzo Gattegna, presidente dell'unione delle Comunità ebraiche italiane, il testo approvato in Senato è stato studiato nei minimi dettagli e modificato utilizzando un linguaggio affine a quello della costituzione. E' un riconoscimento, non solo per la Comunità ebraica ma anche per tutte le minoranze che hanno subito genocidi.

 

R. – Come comunità ebraica, abbiamo sostenuto l’approvazione di questo emendamento, anche perché non introduce una nuova forma di reato, ma prevede un aggravante quando la negazione della Shoah o la negazione di altri genocidi venga effettuata per generare e diffondere odio. La finalità e i presupposti, rimangono e sono sempre stati estremamente chiari.

 D. – Chi è contro sostiene che andrebbe contro il reato di opinione?

 R. – Non è un reato di opinione, perché si basa su dei fatti. Se qualcuno vuol usare la falsificazione di fatti storici, provati e riprovati nel corso di tanti processi e di tanti giudizi, cominciando dal Processo di Norimberga in poi, questo viene utilizzato per fini politici, per fini di parte o per fini di diffusione dell’odio nei confronti di chi invece vuole conservare la memoria di fatti che non possono essere dimenticati, perché hanno portato l’Europa in una situazione in cui sono stati commessi - con teorie a sfondo razziale - i più gravi reati che siano mai stati commessi dall’umanità. Per noi è una memoria sacra, questa qui. Non è il fondamento dell’ebraismo, però gli ebrei sono stati vittime di questi fatti e sentiamo come un nostro dovere che non vengano dimenticati, ma nell’interesse di tutti. Non vogliamo fare una lotta solo per noi: vogliamo che tutte le minoranze siano rispettate e tutelate.

 D. – Pensa che l’iter legislativo possa condurre a una piena approvazione di questa legge?

 R. – Me lo auguro, perché credo che il testo che è passato ieri fosse un testo abbondantemente studiato, proposto, riproposto, cambiato nei minimi dettagli e che avesse trovato il consenso preventivo sia di una maggioranza al Senato che alla Camera. Quindi io spero che non vengano più apportati altri cambiamenti e che possa entrare in vigore. Dal nostro punto di vista, come ebrei, il fatto di negare la morte delle vittime che ci sono state nei campi di sterminio, nelle campagne, con annegamenti nei fiumi – insomma i modi per uccidere gli ebrei durante la II Guerra Mondiale sono stati i più disparati e i più atroci – significa uccidere due volte queste persone. Già hanno sofferto tanto in vita, adesso si vorrebbe imporre l’oblio verso questa tragedia.

 D. – E’ un successo, quindi, riconosciuto anche a livello politico?

 R. – Secondo me è un progresso, non un successo: un progresso! E’ una legge che fa in modo che le vittime della Shoah non vengano offese e che non vengano offesi tutti coloro che lavorano per la conservazione della memoria. Il negare la Shoah contiene in sé una insidiosissima tesi, che è quella che gli ebrei si servano della Shoah per fini politici o per fini propri. Questa è una offesa gravissima verso di noi, oltre che nei confronti dei nostri antenati che hanno subito la sorte atroce che hanno subito.

 

 








All the contents on this site are copyrighted ©.