2016-05-02 14:19:00

Usa-Cuba, riparte il turismo culturale, crociera da Miami a L'Avana


Dopo la riapertura delle relazioni politiche tra Stati Uniti e Cuba, anche il turismo culturale unisce i due Paesi. Per la prima volta da decenni, una nave carica di turisti è partita dal porto statunitense di Miami, per una storica crociera di sette giorni a Cuba: rotta sull'Avana e soste anche a Cienfuegos e Santiago. Si tratta della "Adonia", della compagnia "Carnival Cruise", che ha annunciato di avere in programma crociere ogni due settimane da Miami a Cuba, facendo seguito all'impegno dell'amministrazione Obama di incrementare il turismo verso l'isola dei Caraibi, dopo la decisione del 17 dicembre 2014 di ristabilire relazioni diplomatiche tra Washington e l'Avana. A bordo, tra i 704 passeggeri, ci sono anche diverse persone nate a Cuba. All'inizio, la Carnival aveva fatto sapere che non avrebbe imbarcato turisti di origine cubana, a causa del divieto imposto dall'Avana,  ma a seguito delle proteste della comunità cubana negli Stati Uniti, che avevano intentato una causa per discriminazione, il governo di Raoul Castro ha revocato il divieto lo scorso 22 aprile. Sul significato di questo viaggio, Elvira Ragosta ha intervistato Sergio Fabbrini, docente di Relazioni Internazionali alla Luiss:

R. – La distanza tra Stati Uniti e Cuba è una distanza che ormai non è più giustificabile: la partenza della nave da Miami, l’epicentro della resistenza e della ribellione al regime castrista, dimostra che gli Stati Uniti e Cuba sono avviati verso degli accordi di amicizia, culturali innanzitutto, e anche soprattutto di tipo commerciale, in un futuro molto vicino.

D. – Questa crociera che avrà, sembra, cadenza bisettimanale prevede tre tappe – L’Avana, Cienfuegos e Santiago de Cuba – con incontri culturali, incontri con artisti, ma anche con imprenditori. Allora, si può parlare di ripresa del turismo culturale? E cosa aspettarsi per la ripresa del turismo “tout court” da parte degli Stati Uniti verso Cuba?

R. – La soluzione del turismo culturale è uno stratagemma per avviare il processo e renderlo intanto possibile. In realtà, le 700 persone che vanno a Cuba rompono un muro che era stato eretto tra l’isola e il continente. La motivazione ufficiale è che vanno a imparare la danza, ma avranno incontri anche culturali. Nei fatti, tuttavia, si può dire che quel muro non è più così insuperabile. C’è un problema di fondo: gli Stati Uniti hanno una linea di politica estera che è quella sostenuta dall’amministrazione e quest’ultima vuole andare verso il superamento dell’embargo economico nei confronti di Cuba. C’è tuttavia una resistenza da parte di settori fortissimi, in particolare nel Senato, ma anche nella Camera dei rappresentanti. Questi sono settori fortemente motivati e naturalmente sostenuti dalla comunità cubana americana che vive ancora nella logica della Guerra Fredda: del muro contro muro. E quindi, questi settori renderanno difficile il superamento dell’embargo in tempi ravvicinanti. Probabilmente, moltissimo dipenderà anche da come evolverà la situazione politica in America dopo le elezioni di novembre.

D. – Cosa possiamo aspettarci nel futuro prossimo riguardo all’embargo?

R. – Penso che la resistenza dei cubano-americani sia molto indebolita e lo si vede anche nelle primarie del partito repubblicano. Certamente, una presidenza Trump potrebbe complicare molto le cose: con Trump riemergerebbe infatti una politica estera americana molto più aggressiva e antagonistica. Questo ridarebbe di nuovo fiato al gruppo più forte del regime castrista. Quindi, io penso che l’embargo sia sempre meno giustificato: settori importantissimi dell’imprenditoria e anche dell’economia americana sono contro l’embargo da tempo.

D. – Professore, abbiamo visto il valore simbolico, politico, economico di questo viaggio, di questa prima crociera. Ma dal punto di vista sociale, per i cubani di Cuba, cosa rappresenta questo viaggio?

R. – Rappresenta l’apertura, l’uscita dall’autarchia, lo sguardo sulle possibilità di entrare in un mondo molto più integrato. C’erano delle ragioni che avevano motivato la rivoluzione all’inizio e il malessere contro gli Stati Uniti: quello americano in passato è stato un vero e proprio colonialismo dell’isola. Tuttavia, quelle buone ragioni si sono perse per strada e sono invece diventate l’occasione per formare un regime prima illiberale e poi dittatoriale. Non è stata consentita la libertà di opinione, coloro che avevano opinioni diverse venivano arrestati. Non c’era una stampa libera. Certo, si garantivano i servizi sanitari, una scuola elementare per tutti, ma insomma: la libertà è cruciale. Una popolazione non si conquista solamente facendo funzionare gli ospedali, ma è richiesta anche una libertà di opinione, un funzionamento delle università, delle scuole, e un dibattito pubblico. Insomma, oggi chiunque abbia visitato l’isola si rende conto di quanto i cubani abbiano bisogno di far parte del mondo, di rientrare nel mondo. Solamente la Corea del Nord è rimasta fuori da questo mondo. Era insensato che un’isola, a pochi miglia dagli Stati Uniti, continuasse a vivere in un frigorifero. Secondo me, su un piano sociale è la rinascita di quel Paese che ha tante potenzialità, tante possibilità.








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