2016-05-02 14:54:00

Nigeria, card. Onaiyekan coinvolto in agguato: non cercavano me


“Atti simili accadono quasi tutti i giorni, manca un controllo della polizia, ma non si è trattato di una rivendicazione religiosa”: è stato questo il commento dell'arcivescovo di Abuja, il cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, rimasto coinvolto insieme ad altre persone nell'attacco armato avvenuto il 22 aprile scorso lungo la strada Benin-Ekpoma, in Nigeria. I probabili autori dell’azione sarebbero predoni Fulani, un’etnia nomade di pastori che non ha particolari rivendicazioni politiche da avanzare. Il porporato racconta l'accaduto al microfono di Valentina Onori:

R. – Per tutta la settimana non ho voluto fare un grande chiasso sull’accaduto perché non avevano preso di mira me. L’auto su cui viaggiavo si trovava sulla strada pubblica assieme a tante altre macchine. Siamo finiti in mezzo agli attacchi che fanno ogni tanto a caso. Come si dice, eravamo nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Comunque, non è stata attaccata solo la macchina su cui viaggiavo ma anche le altre perché quella non è una strada deserta. Si tratta di una strada principale con un traffico abbastanza intenso.

D. – Eravate insieme ad altre persone. Non è stato un attacco mirato a lei

R. - Sì, sì. Era una strada pubblica che collega dei centri importanti. Quindi, non si tratta di una strada deserta. Nel punto in cui è stato compiuto l’attacco c’erano tante macchine: la mia macchina è stata colpita, anche un’altra è stata colpita, forse in modo peggiore perché sono rimasti feriti due o tre passeggeri. Noi siamo riusciti a scappare. L’autista che guidava la macchina su cui viaggiavo ha inserito la retromarcia per scappare e non dare loro la possibilità di trovarci. La macchina è stata colpita, ma nessun passeggero è stato ferito. Eravamo in quattro. Alla fine siamo riusciti a  continuare il viaggio insieme ad una scorta di polizia armata. A quel punto i malviventi erano già spariti tra i boschi.

D. – Sono frequenti questi attacchi in Nigeria?

R. – Questi fatti sono frequenti. Due o tre settimane fa la macchina su cui viaggiavano due o tre sacerdoti è stata attaccata, un sacerdote è rimasto gravemente ferito. Forse questo è accaduto per attirare l’attenzione delle forze e delle autorità pubbliche. C’è bisogno di portare maggiore sicurezza tra le strade, perché quello che è accaduto a me, accade spesso. Questo significa che non è impossibile individuare quelli che compiono questi atti e fermarli.

D. – Si dice che siano i predoni Fulani, un’etnia nomade di pastori…

R. – Non abbiamo visto nessuno, abbiamo solamente sentito il “pam, pam, pam” del fucile e visto la pallottola che si conficcava nella macchina. Non ho visto le persone. Potrebbero essere loro, potrebbero essere altri tipi di malviventi, ma alla fine dei conti l’unica cosa certa è che la strada non è sicura. Non possiamo andare sempre in giro con la scorta armata! Non è questo il modo di vivere!

D. – Ma dietro questi atti violenti nei suoi confronti e della gente comune, quali rivendicazioni ci sono?

R. – Queste cose accadono da tanti mesi, ma adesso in modo particolare con il mio caso ed altri due molto clamorosi si inizia finalmente a parlare di come mettere in sicurezza il Paese, di quali soluzioni individuare per questi gruppi di fulani itineranti che vanno in giro armati di fucili con le loro mandrie di mucche: è diventata una questione di dibattito nazionale.

D. – Loro che cosa chiedono?

R. – Non lo sappiamo. A volte, si tratta di persone che vogliono la strada libera per far mangiare le loro mucche sui campi seminati dagli agricoltori. Non sappiamo se vogliono altro oltre questo. Altre volte si tratta semplicemente di criminali che arrivano addirittura a rapire le persone per chiedere un riscatto in denaro. È tutto un insieme di indicazioni. Ma non vedo in questo una chiara rivendicazione politica. Non credo che mi abbiano preso di mira, non sapevano chi fossi in mezzo a tutto quel disordine. Anzi, immagino che quanto accaduto sia per loro imbarazzante, perché finora hanno attaccato tante persone senza sollevare rumore.

D. – Pensa che sia anche un atto religioso?

R. – No, non vedo questo perché in mezzo a tutte quelle auto che percorrevano la strada quel giorno nessuno sapeva chi fosse musulmano o chi fosse cristiano. Si è trattato di un atto criminale.

D. – Succede ogni giorno?

R. - Quasi ogni giorno. Quasi ogni giorno in una strada o in un’altra. Se la polizia avesse la possibilità e le risorse, potrebbe avere il modo di liberare la strada rendendola libera e sicura per noi viaggiatori. È possibile perseguire questa gente, scoprire da dove vengono, come si organizzano affinché noi siamo liberi.

D. – Com’è la situazione politica in Nigeria?

R. – È passato ormai un anno dalle elezioni. Il partito vincente, una coalizione di oppositori, sta ancora cercando una strada. Purtroppo, non vedo abbastanza volontà da parte del governo di lavorare insieme per unire il Paese. C’è ancora troppo senso di divisione e di polarizzazione nel Paese. I nostri problemi sono abbastanza gravi.

D. – Secondo lei, perché accadono questi fatti di cui lei è stato vittima?

R. – La ragione è semplice. In Nigeria ci sono tante persone arrabbiate, che hanno fame, che non trovano lavoro. La disoccupazione è terribile. Allora, trovarsi in un gruppo criminale è molto facile. È la stessa ragione per cui Boko Haram nel nordest del Paese non ha avuto nessun problema a reclutare tante persone per i loro atti di terrorismo.








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