2016-04-30 14:30:00

Nigeria tra violenza e speranza. Chiesto riscatto per p. Adeyi


Ore di apprensione nella diocesi di Otukpo, nello Stato nigeriano di Benue, dove è stato rapito il vicario generale, padre John Adeyi. Il sequestro è avvenuto, secondo l’agenzia Fides, domenica scorsa dopo la Messa nel villaggio di Okwungaga. I rapitori avrebbero chiesto un riscatto di 10 milioni Naira, circa 45 mila Euro. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con padre Silvio Roggia, missionario salesiano in Nigeria e Ghana, che ha lavorato anche presso la diocesi di Otukpo, da poco rientrato in Italia:

R. – E’ una notizia che ci rattrista e preoccupa. I rapimenti sono un male che affligge il Paese e molti sono per ricatto, per soldi. La Chiesa finora è stata abbastanza ferma nel non cedere a questo tipo di ricatto, però, certamente, la situazione è molto triste e difficile.

D. – I timori ci sono sempre, ma ci sono rischi concreti o si tratta di rapimenti con mero fine estorsivo e se non si ottengono i soldi si rilascia il sequestrato?

R. – Dipende molto dalle zone. Ho avuto casi simili in cui le cose si sono risolte per il meglio, vedendo che non era possibile insistere con il tentativo di estorsione. Alla fine, quindi, le cose si sono concluse in modo tranquillo per chi era coinvolto. Però, non si può dire che sarà sicuramente così.

D. – La linea che è stata seguita fino ad ora è quella di non pagare il riscatto…

R. – In alcune diocesi si è fatto così. Non so se è la linea seguiranno in questo momento.

D. – Lei è stato otto anni in Nigeria, poi in Ghana. Continua comunque a tornare nel Paese?

R. – Sì, abbastanza di sovente, perché siamo collegati: Nigeria, Ghana, Sierra Leone e Liberia sono Paesi anglofoni. Ci muoviamo in questi quattro Paesi.

D. – In questi ultimi tempi, si parla di Nigeria spesso solo in relazione agli attentati degli estremisti islamici di Boko Haram. Ma qual è il volto del Paese?

R. – La Nigeria è un Paese molto grande sia come estensione geografica – è tre volte più grande dell’Italia – sia per numero di abitanti che è di 370 milioni. E’ il Paese più popoloso dell’Africa, con una grande varietà di culture, etnie e storia. E’ difficile, quindi, dall’esterno, rendersi conto di questa varietà. C’è sicuramente il fenomeno del terrorismo e affligge soprattutto il nordest del Paese, ma non è qualcosa che coinvolge tutta la popolazione, come se fosse una guerra civile.

D. – Potremmo dire che se si mette l’accento solo sul terrorismo, non si descrive la realtà del Paese…

R. – E’ un po’ come dire che l’Italia è la mafia. Insomma, la mafia è un problema dell’Italia, ma non è tutta l’Italia. Qui è lo stesso.

D. – Anche se i numeri degli attentati spaventano…

R. – I numeri sì, fanno spavento! C’è sempre il tentativo dei terroristi di apparire sui grandi schermi, di fare notizia, per poter destabilizzare, spaventare appunto.

D. – Lei però ribadisce che non bisogna fermarsi a questo e che in Nigeria c’è sviluppo e crescita…

R. – Perché mentre la Nigeria è diventato il primo Paese in Africa sotto il profilo economico, superando in questi ultimi anni il Sudafrica, vuol dire quindi che c’è tutto un movimento, anche interno. E’ vero che il grande motore che adesso si sta inceppando è il petrolio. Il Paese è il primo esportatore di greggio del continente e il fatto che ora i prezzi del petrolio siano andati giù, sarà sicuramente una difficoltà in più. Però, la “resilience”, la capacità di resistere, è incredibile in questo popolo. C’è continuamente voglia di ripartire e trovare una maniera per stare a galla. E’ una forza che noi vediamo anche nei nostri giovani. Per esempio, abbiamo tante scuole tecniche, dove i giovani vengono anche da 200-300-400 chilometri di distanza, con il mimino per sopravvivere eppure si organizzano e riescono a trovare sistemazioni e studiare. La scuola è una delle risorse più importanti per ripartire. Ci sono tanti problemi, tanti scioperi, tante difficoltà, ma c’è anche tanta voglia di imparare, di crescere.

D. – Uno dei problemi grandi del Paese è la corruzione e anche un forte divario tra chi si sta arricchendo e chi no…

R. – C’è gente che è ricchissima e all’estremo c’è altrettanta povertà. Mettendo vicini questi due aspetti, la società ha un fremito interno. I giovani vorrebbero poter arrivare in fretta ad avere questa abbondanza, ma certamente non ci sono scorciatoie. Ci sono, quindi, tante situazioni di insicurezza, di crimine, di corruzione per potere, in realtà, raggiungere questi obiettivi alti. Il mio auspicio è che essendoci questa capacità di rinascere, risorgere, anche nelle situazioni difficili, e anche una ricchezza culturale notevolissima, sempre più tutti questi fattori riescano a essere messi insieme per il meglio, come sta già capitando. In alcune città, in alcuni Stati, si vede che c’è stato un cammino notevolissimo negli ultimi anni.








All the contents on this site are copyrighted ©.