2016-04-22 12:58:00

Il nuovo nunzio negli Usa: una Chiesa in uscita e in ascolto


Papa Francesco ha ricevuto ieri l’arcivescovo francese Christophe Pierre, nominato nunzio apostolico negli Stati Uniti il 12 aprile scorso. Mons. Pierre, 70 anni, lascia la guida della nunziatura in Messico dove era arrivato nel 2007. Hélène Destombes lo ha intervistato:

R. – Lascio il Messico con un po’ di tristezza, perché ho vissuto nove anni molto belli, ricchi di belle esperienze; soprattutto, ho vissuto l’incontro con un popolo con radici cattoliche forti, con un’esperienza che mi è sempre sembrata molto autentica e questo viene, come l’ha detto Papa Francesco durante il suo viaggio, da un inizio: l’inizio è l’evento di Nostra Signore di Guadalupe che ha marcato non solamente Juan Diego, l’indio che ha visto la Madonna, ma anche tutto un popolo che continua a “vedere” la Madonna: questo è straordinario! Come l’avvenimento di Gesù Cristo, non è una cosa del passato: è una cosa del presente. La gente va a vedere la Madonna, oggi. E su questo incontro si è costruita la Nazione e la gente, in un certo modo, si sono costruiti come persone. Ovviamente, questo ha generato una bellissima religiosità popolare: il Papa stesso l’ha detto più volte. Una religiosità popolare che è profondamente radicata nell’anima e nella cultura del Messico: una cultura cattolica … E questa è stata anche una constatazione che ho fatto poco a poco e che è stata anche l’oggetto delle mie analisi: viviamo un cambiamento culturale. Già i vescovi, ad Aparecida, nove anni fa l’avevano detto: c’è un cambiamento d’epoca in atto, un cambiamento culturale che riguarda principalmente la trasmissione dei valori da una generazione all’altra e che rende più difficile il lavoro educativo. Dunque, lì c’è una sfida, una sfida enorme che è la sfida della Chiesa in Messico, che deve intraprendere tutto uno sforzo per evangelizzare in un contesto nuovo, cioè andare incontro alle persone che sono molto più lontane dalla fede di prima. E questo l’ho visto anche nel corso di questi nove anni. C’è dunque un’esigenza – come dice Papa Francesco – di uscire: uscire dalla chiese, non aspettare che la gente venga, ma andare incontro e poi inserirsi in tutte le strutture della società per poter annunciare il Vangelo. Ovviamente, la storia del Messico è un po’ particolare perché per oltre un secolo c’è stata una separazione brutale tra Chiesa e governo e società; oggi, ormai, le cose stanno cambiando anche se c’è un po’ di questa mentalità che rimane … Però, la storia sta cambiando e bisogna approfittare di questo cambiamento culturale per normalizzare un po’ le relazioni in modo che la Chiesa sia più presente. E questo penso che sia il dovere nostro di vescovi e di sacerdoti. A volte è difficile: rimaniamo nelle nostre – come diceva il Santo Padre – “zone di comfort” senza uscire. Però, ormai la Chiesa dev’essere missionaria.

D. – Lei ieri ha incontrato il Papa: l’ha incoraggiata per la sua nuova missione negli Stati Uniti, dove le sfide sono molto diverse …

R. – Certamente! Ovviamente, il Papa mi ha inviato come suo rappresentante ed è molto importante dire che noi nunzi siamo rappresentanti del Papa, cioè non andiamo “per conto nostro”, ma per fare ciò che il Santo Padre ci indica … Importante non dimenticare che la Chiesa è una Chiesa locale e che quindi la responsabilità è dei vescovi, dei sacerdoti, di tutti ma sempre in comunione con la Chiesa universale e particolarmente con il Santo Padre che è il Successore di Pietro. Dunque, noi siamo lì per aiutare il Papa a conoscere e anche ad agire e per aiutare la Chiesa locale a mantenersi in relazione con il Santo Padre … E’ un lavoro enorme, difficile, però ovviamente io sono aperto, disposto a conoscere come ho sempre fatto nelle diverse missioni. E spero che le cose saranno facili … Ci sono le sfide, ma vado con molta fiducia. La prima cosa è conoscere, ascoltare; e io penso che una delle qualità che il Papa ci chiede è l’ascolto, cioè non andare con idee preconcette …








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