2016-04-20 14:52:00

La storia di Celine, fuggita dall'inferno della guerra in Congo


Sono 325 i migranti giunti in Grecia e riconsegnati alla Turchia in base all’accordo Ue-Ankara sull’immigrazione, mentre sono 103 i rifugiati siriani redistribuiti dai campi turchi nei Paesi dell’Unione. Le cifre sono state fornite oggi dalla Commissione europea. E mentre il commissario Ue all’immigrazione Avramopoulos chiede alla Turchia di garantire la protezione ai rifugiati, l’Austria continua a difendere i controlli al Brennero. Accogliete: è l’appello di chi, un tempo rifugiato, oggi aiuta chi arriva. E’ la storia di Celine, volontaria del Centro Astalli di Roma, dove è giunta 15 anni fa, fuggita dalla guerra nella Repubblica Democratica del Congo. Ascoltiamola al microfono di Francesca Sabatinelli:

R. – E’ difficile! La gente deve fermarsi e pensare, pensare veramente. Aprite i vostri cuori e anche le porte, perché non è facile: quando uno viene, sta cercando sicuramente il meglio, altrimenti sarebbe rimasto a casa sua! Ho collaborato con il Centro Astalli, come volontaria, come mediatrice culturale, per dare loro conforto, per aiutarli, perché io – per fortuna! – ce l’ho fatta, ma tanti non ce l’hanno fatta… Lo faccio col cuore, per aiutarli e soprattutto per tranquillizzarli.

D. – Forse è il caso di dire che quando le persone arrivano qui, per loro comincia un’altra forte difficoltà…

R. – Certo! Io personalmente sono venuta che ero laureata: arrivata qui, ho ricominciato da zero! Per una persona che ha studiato, questo non è facile… Da zero e da capo! E la stessa cosa accade anche per loro ed io mi immedesimo in loro. Non è facile ricominciare da capo, con una lingua che non conosci. Io sono passata dal francese all’italiano. Ho ricominciato da zero. Ero incinta, non sapevo una parola di italiano e tra gli esami, gli ambulatori - tutti i santi giorni, essendo incinta – non è stato facile… Non è facile ricominciare da capo per una donna, per un bambino, per un uomo: siamo persone, ma qualche volte siamo considerati cose. E’ difficile! Veramente, non è facile… Poi cerchi di riprenderti e dopo 15 anni devi rimboccarti le maniche, altrimenti non vai più avanti. Dopo 15 anni mi sono ripresa, ho ricominciato una nuova vita… E poi si riparte. Si riparte!

D. – Con il suo Paese d’origine, il Congo, oggi, che rapporto ha?

R. – Normale. Adesso ci posso andare perché ho la cittadinanza italiana: prima non potevo andare, potevo andare in tutti i Paesi tranne che nel mio. Anche quel tasto non è facile: tu vieni qui, ma le radici sono sempre lì. Anche se fuggi dalla guerra, anche se fuggi dalla fame, le radici sono quelle, la cultura è quella, la base è quella. Tu arrivi qui, ricominci, ma non puoi dimenticare da dove sei venuta, qualunque cosa sia. Il mio Paese è sempre in guerra, quest’anno avranno le elezioni e se tutto va bene, potrei anche pensare di tornare. Ma non è facile, perché la situazione non è tranquilla. E poi con una figlia che è nata, che ha tutta un’altra mentalità: io sono tornata con lei, ma dopo una settimana non ce la faceva più tra le armi. E allora la riporti subito qui, perché non è al sicuro. Se fosse sicuro, io – ve lo ripeto!- domani mattina tornerei a casa: io torno a casa! Qui ci sei perché stai meglio: questa è la parola che posso usare. Ringrazio veramente tutte le persone, tutti i volontari che ci aiutano e quelli che non conoscono questa realtà che ci pensino, che facciano qualcosa. Certo, è difficile anche per quelli che accolgono, perché – come ha detto Papa Francesco – ci sentono come un peso, come un costo. E certo non è facile sentirsi anche un costo o un peso per qualcun altro… Ma va bene, piano piano, le persone impareranno anche a conoscerci, perché c’è la paura ed io li capisco. Dopo tanti anni vissuti qui, acquisisci  anche un po’ la mentalità italiana e capisci che non è facile per le persone che vengono, che hanno altre culture. C’è solo da integrarsi, da capirsi da tutte e due le parti.








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