2016-04-16 09:11:00

Papa a Lesbo: viaggio segnato da tristezza, profughi non sono numeri


Il Papa è giunto nell'isola greca di Lesbo: l'aereo è atterrato verso le 9.05 ora italiana. “E’ un viaggio un po’ diverso dagli altri – ha detto il Papa ai giornalisti durante il volo - Nei viaggi apostolici noi andiamo a fare tante cose: vedere la gente, parlare… Anche, c’è la gioia dell’incontro. Questo è un viaggio segnato dalla tristezza e questo è importante: è un viaggio triste. Noi andiamo ad incontrare la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda Guerra Mondiale. Andiamo – e lo vedremo – da tante gente che soffre, che non sa dove andare, che è dovuta fuggire. E andremo anche ad un cimitero: il mare. Tanta gente lì è annegata. Lo dico non per amareggiare, non per amarezza, ma perché anche il vostro lavoro di oggi possa trasmettere nei vostri media lo stato d’animo con cui io faccio questo viaggio. Grazie di accompagnarmi. Grazie tante!”.

Il Papa ringrazia la Grecia per la sua generosità
Lo scopo principale di questa visita è quello di "portare conforto a tanti profughi", afferma il Pontefice nel messaggio al Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella inviato nel lasciare il suolo italiano. E in un tweet il Papa afferma: "I profughi non sono numeri, sono persone: sono volti, nomi, storie, e come tali vanno trattati". Ad accogliere Francesco a Lesbo sono stati il premier greco Tsipras, il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos. Parlando con Tsipras, il Papa ha detto di essere venuto anche per ringraziare il popolo greco per la sua generosità. La Grecia - ha detto - è culla dell’umanità e si vede che continua a dare un esempio di umanità e a mostrare coraggiosamente questa generosità. Il premier greco, da parte sua, ha voluto dire grazie a Papa Francesco per il suo messaggio contro la guerra e per invocare l'accoglienza in un momento in cui altri leader cristiani alzano le barriere in Europa. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Sarà uno di quei gesti, la visita di Papa Francesco oggi a Lesbo, che, come lui stesso disse lo scorso Giovedì Santo al Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, parlano più delle parole. Trascorrerà una manciata di ore in quella terra greca, le cui luci di sera si possono scorgere dalla costa turca. Un braccio di mare troppo corto per non tentare di prendere il largo in cerca di salvezza in Europa. Di morti, quel mare Egeo, ne ha conosciuti molti negli ultimi mesi: il Papa, il Patriarca Bartolomeo e l’arcivescovo Ieronymos, riuniti nel porto dell’isola, rivolgeranno alle vittime le loro preghiere e il lancio nel mare di tre corone di alloro. Il pensiero a chi non ce l’ha fatta sarà il momento finale della visita, che si concentrerà soprattutto su chi invece la speranza di ritrovare una vita ancora ce l’ha: sui migranti, che siano rifugiati, richiedenti asilo o economici, perché il Papa non ha mai fatto le distinzioni tanto care invece alla politica.

Francesco li abbraccerà nel centro di Moria, divenuto famoso dopo l’accordo Ue-Ankara, che l’ha trasformato in quello che le organizzazioni umanitarie tutte definiscono un luogo di detenzione. Lì incontrerà i minorenni e poi una delegazione di ospiti del centro, pranzerà con alcuni di loro, rivolgerà loro delle parole, così come faranno anche Bartolomeo e Ieronymos. Sarà un discorso piccolo, forse, per via della brevità della stessa visita, ma che li farà sentire fratelli, perché le parole che Francesco in passato ha utilizzato per loro sono sempre state di grande amore e di grande accoglienza. In questa visita non si dovrà leggere alcun significato politico, nessuna polemica con l’Unione Europea, che pure continua a chiudere e respingere, ma solo la misericordia del Papa per queste persone alle quali non si può e non si deve negare il diritto di cercare la salvezza. E anche la sua vicinanza al popolo dell'isola di Lesbo, dal quale continua ad arrivare un grande esempio di umanità e generosità. Un grande gesto, dunque, dal profondo significato umanitario ed ecumenico che, seppur indirettamente, non potrà non spingere le coscienze a chiedersi se ancora ricordiamo che, come ci ha detto Francesco, anche Gesù fu profugo e la sua condizione “segnata da paura, incertezza, disagi”.








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