All’udienza generale di oggi in Piazza San Pietro, prendendo spunto dal Vangelo della chiamata di Matteo, il Papa ha ricordato che £Matteo era un ‘pubblicano’, cioè un esattore delle imposte per conto dell’Impero romano, e per questo considerato pubblico peccatore. Ma Gesù lo chiama a seguirlo e a diventare suo discepolo. Matteo accetta, e lo invita a cena a casa sua insieme con i discepoli”.
Tutti siamo peccatori
“Allora - ha proseguito il Papa - sorge una discussione
tra i farisei e i discepoli di Gesù per il fatto che questi condividono la mensa con
i pubblicani e i peccatori. ‘Ma tu non puoi andare a casa di questa gente!’, dicevano
loro. Gesù, infatti, non li allontana, anzi frequenta le loro case e siede accanto
a loro; questo significa che anche loro possono diventare suoi discepoli. Ed è altrettanto
vero che essere cristiani non ci rende impeccabili. Come il pubblicano Matteo, ognuno
di noi si affida alla grazia del Signore nonostante i propri peccati. Tutti siamo
peccatori, tutti abbiamo peccato. Chiamando Matteo, Gesù mostra ai peccatori che non
guarda al loro passato, alla condizione sociale, alle convenzioni esteriori, ma piuttosto
apre loro un futuro nuovo”.
Non c’è santo senza passato e non c’è peccatore senza futuro
A braccio ha aggiunto: “Una volta ho sentito un detto
bello: ‘Non c’è santo senza passato e non c’è peccatore senza futuro’. È bello questo:
questo è quello che fa Gesù. Non c’è santo senza passato né peccatore senza futuro”.
La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino
“Basta rispondere all’invito con cuore umile e sincero.
La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono
il Signore perché si riconoscono peccatori e bisognosi del suo perdono. La vita cristiana
quindi è scuola di umiltà che ci apre alla grazia”.
La superbia di credersi giusti
“Un tale comportamento non è compreso da chi ha la
presunzione di credersi ‘giusto’ e di credersi migliore degli altri. Superbia e orgoglio
non permettono di riconoscersi bisognosi di salvezza, anzi, impediscono di vedere
il volto misericordioso di Dio e di agire con misericordia. Sono un muro: la superbia,
l’orgoglio… Sono un muro che impediscono un rapporto con Dio. Eppure, la missione
di Gesù è proprio questa: venire in cerca di ciascuno di noi, per sanare le nostre
ferite e chiamarci a seguirlo con amore. Lo dice chiaramente: «Non sono i sani che
hanno bisogno del medico, ma i malati» (v. 12)”.
Nessun peccatore va escluso!
“Gesù si presenta come un buon medico! Egli annuncia
il Regno di Dio, e i segni della sua venuta sono evidenti: Egli risana dalle malattie,
libera dalla paura, dalla morte e dal demonio. Innanzi a Gesù nessun peccatore va
escluso – nessun peccatore va escluso! - perché il potere risanante di Dio non conosce
infermità che non possano essere curate; e questo ci deve dare fiducia e aprire il
nostro cuore al Signore perché venga e ci risani! Chiamando i peccatori alla sua mensa,
Egli li risana ristabilendoli in quella vocazione che essi credevano perduta e che
i farisei hanno dimenticato: quella di invitati al banchetto di Dio. Secondo la profezia
di Isaia: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti,
di vini raffinati. E si dirà in quel giorno: Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato
perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo
per la sua salvezza» (25,6-9), così dice Isaia”.
Gesù ricorda che anche i peccatori sono commensali di Dio
“Se i farisei vedono negli invitati solo dei peccatori
e rifiutano di sedersi con loro, Gesù al contrario ricorda loro che anch’essi sono
commensali di Dio. In questo modo, sedere a tavola con Gesù significa essere da Lui
trasformati e salvati. Nella comunità cristiana la mensa di Gesù è duplice: c’è la
mensa della Parola e c’è la mensa dell’Eucaristia (cfr Dei Verbum, 21). Sono questi i farmaci
con cui il Medico Divino ci risana e ci nutre. Con il primo – la Parola – Egli si
rivela e ci invita a un dialogo fra amici. Gesù non aveva paura di dialogare con i
peccatori, i pubblicani, le prostitute… No, lui non aveva paura, amava tutti! La sua
Parola penetra in noi e, come un bisturi, opera in profondità per liberarci dal male
che si annida nella nostra vita. A volte questa Parola è dolorosa perché incide sulle
ipocrisie, smaschera le false scusanti, mette a nudo le verità nascoste; ma nello
stesso tempo illumina e purifica, dà forza e speranza, è un ricostituente prezioso
nel nostro cammino di fede. L’Eucaristia, da parte sua, ci nutre della stessa vita
di Gesù e, come un potentissimo rimedio, in modo misterioso rinnova continuamente
la grazia del nostro Battesimo. Accostandoci all’Eucaristia noi ci nutriamo del Corpo
e Sangue di Gesù, eppure, venendo in noi, è Gesù che ci unisce al suo Corpo!”.
Farisei, custodi della Legge senza misericordia
“Concludendo quel dialogo coi farisei, Gesù ricorda
loro una parola del profeta Osea (6,6): «Andate e imparate che cosa vuol dire: misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt
9,13). Rivolgendosi al popolo di Israele il profeta lo rimproverava perché le preghiere
che innalzava erano parole vuote e incoerenti. Nonostante l’alleanza di Dio e la misericordia,
il popolo viveva spesso con una religiosità “di facciata”, senza vivere in profondità
il comando del Signore. Ecco perché il profeta insiste: “Misericordia io voglio”,
cioè la lealtà di un cuore che riconosce i propri peccati, che si ravvede e torna
ad essere fedele all’alleanza con Dio. “E non sacrificio”: senza un cuore pentito
ogni azione religiosa è inefficace! Gesù applica questa frase profetica anche alle
relazioni umane: quei farisei erano molto religiosi nella forma, ma non erano disposti
a condividere la tavola con i pubblicani e i peccatori; non riconoscevano la possibilità
di un ravvedimento e perciò di una guarigione; non mettevano al primo posto la misericordia:
pur essendo fedeli custodi della Legge, dimostravano di non conoscere il cuore di
Dio!”.
Guardare la carta e non il contenuto di un regalo
A braccio ha proseguito: “È come se ti regalassero
un pacchetto con dentro un dono e tu, invece di andare a cercare il dono, guardi soltanto
la carta nel quale è incartato: soltanto le apparenze, le forme, e non il nocciolo
della grazia, del dono che viene dato!”.
Abbiamo tutti bisogno di nutrirci della misericordia di Dio
“Cari fratelli e sorelle, tutti noi siamo invitati
alla mensa del Signore. Facciamo nostro l’invito a sederci accanto a Lui insieme ai
suoi discepoli. Impariamo a guardare con misericordia e a riconoscere in ognuno di
loro un nostro commensale. Siamo tutti discepoli che hanno bisogno di sperimentare
e vivere la parola consolatrice di Gesù. Abbiamo tutti bisogno di nutrirci della misericordia
di Dio, perché è da questa fonte che scaturisce la nostra salvezza. Grazie!”.
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