2016-04-12 17:55:00

Gentiloni in Libia, la Tunisia ospita la conferenza internazionale


Il ministro degli Esteri Gentiloni oggi a Tripoli, nella prima visita di un alto responsabile di un governo straniero nella capitale libica dopo l'insediamento del consiglio presidenziale. Il titolare della Farnesina ha incontrato il premier designato Sarraj, ricordando che Roma ne sostiene l'operato e invitando i libici a guidare la lotta all'Is. 'Con l'Italia c'e' un rapporto molto radicato e che intendiamo rafforzare', ha risposto il leader libico. Intanto Roma ha fatto arrivare in Libia aiuti umanitari destinati alla popolazione. E la Tunisia ribadisce la volontà di sostenere il governo di unita' nazionale libico ospitando, domani, la conferenza internazionale per la Libia

Quali sono le priorità nell'assistenza internazionale alla Libia? Maria Laura Serpico lo ha chiesto a Daniela Pioppi, professoressa di Storia del Nord Africa e Medio Oriente all’Università Orientale di Napoli 




R. – Senz’altro, in Libia c’è una crisi umanitaria: ci sono numerosi rifugiati interni al Paese e anche esterni, soprattutto in Tunisia sta crescendo il numero di rifugiati libici. In molte zone del Paese mancano anche beni di prima necessità, medicine, acqua potabile, si fa fatica addirittura a trovare beni di prima necessità. Il Paese ha bisogno, innanzitutto, di trovare una soluzione di governo più stabile per poi iniziare a ripianificare l’economia, e in questo la comunità internazionale può senz’altro dare un aiuto. Bisognerà vedere se il nuovo governo di unità nazionale, di accordo, di intesa nazionale sostenuto dalle Nazioni Unite avrà qualche chance di trovare un consenso un po’ più esteso di quanto non abbia attualmente. Nel momento in cui la comunità internazionale riuscisse a trovare un accordo tra diversi attori all’interno della Libia, poi bisognerebbe iniziare con un piano di aiuti economici umanitari.

D. – Il governo di Serraj ha tutte le carte in regola per diventare un governo stabile e pienamente in carica?

R. – Bè, al momento no: il problema principale della Libia oggi è l’estrema frammentazione politica e militare. Ci sono centinaia di diverse milizie con alleanze instabili che minano la possibilità di accordo complessivo. E’ chiaro che il primo problema è ristabilire il monopolio dell’uso legittimo della forza nel Paese; per fare questo bisogna creare consenso, creare un’alleanza che sia molto più estesa di quelle attualmente in campo. Il governo di intesa nazionale promosso dalle Nazioni Unite, al momento, ha un margine di manovra molto ristretto: bisognerebbe spingere i due governi – quello di Tripoli e quello di Tobruk – ad appoggiare il suo operato. Ma questo non è affatto scontato, al momento.

D. – Il ministro Gentiloni si è recato a Tripoli per rafforzare il governo di Serraj. Questo viaggio indica un coinvolgimento sempre maggiore dell’Italia nella questione libica? Quali saranno i passi successivi?

R. – L’Italia è un attore molto importante in Libia da lungo tempo. Oltre a essere l’ex potenza coloniale, ha sempre mantenuto – anche nei periodi più bui della storia libica, nei periodi dell’embargo contro la Libia di Gheddafi e anche poi nel periodo successivo – un ruolo di primo piano. Come principale partner commerciale, l’Eni ha un ruolo di primo piano in Libia e quindi l’Italia senz’altro continua una sua politica tradizionale di intervento in Libia, di tentativi di cooperazione. In questo caso, la politica italiana è quella di cercare di fornire tutto l’aiuto che può a questo governo di intesa nazionale, bisogna vedere se poi questo tentativo andrà in porto oppure no. Se non dovesse andare in porto, torna lo spettro di un eventuale intervento militare, le modalità del quale però sono a oggi molto confuse – soprattutto i suoi esiti, che sembrano molto oscuri.

D. – In vista della conferenza internazionale per la Libia, la Tunisia ha ribadito la determinazione a sostenere i fratelli libici affinché arrivino a un accordo. Come è possibile?

R. – Al momento, mi pare che un accordo sia ancora lontano. E’ chiaro che se la comunità internazionale in modo compatto cerca di spingere verso l’accordo, questo accordo ha delle possibilità in più. Il problema è che ci sono attori esterni alla Libia che puntano e appoggiano delle fazioni diverse. Abbiamo per esempio il caso dell’Egitto, che sostiene il generale Haftar nella zona orientale del Paese. Se si riuscisse a trovare un accordo tra sostenitori esterni delle diverse fazioni, forse le fazioni interne sarebbero anche più propense a trovare un accordo tra di loro. E’ possibile che alla conferenza di Tunisi si discutano anche questi aspetti. Un altro aspetto da considerare è il fatto che la risorsa essenziale di questo Paese è il petrolio: c’è una competizione tra gli attori esterni, anche tra alcuni Paesi europei – Francia, Gran Bretagna, anche la stessa Italia – su quali saranno poi i rispettivi ruoli nell’industria petrolifera libica dopo, nella fase post-conflitto. Probabilmente, se si riuscisse a trovare un accordo sui rispettivi ruoli di questi attori esterni, l’accordo interno sarebbe poi più facile.








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