2016-04-07 14:07:00

Panama Papers: autorità pronte a maggiore trasparenza


Lo scandalo "Panama Papers"continua a fare vittime: dopo le dimissioni del premier islandese, arrivano quelle del presidente della Hypo Vorarlberg ,una delle 20 banche austriache coinvolte, e fioccano smentite da parte di molti dei diretti interessati tra cui ci sarebbero anche nomi di personaggi italiani. E’ un tentativo di destabilizzare la Russia dall’interno, dichiara il presidente russo Putin negando di essere coinvolto nell’inchiesta, mentre la procura argentina ha aperto un'inchiesta sul presidente Mauricio Macri, il cui nome compare nella lista.

Nel frattempo il presidente di Panama, Juan Carlos Varela ha annunciato la creazione di un comitato indipendente di esperti internazionali per rafforzare la trasparenza dei sistemi finanziari e legali del Paese. Ma quali sono i margini d'azione internazionale per garantire una maggiore trasparenza e quindi ridurre l'evasione fiscale? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Eugenio Della Valle, docente di Diritto tributario a la Sapienza di Roma:

R. – Molto semplicemente adottando misure “pattizie”, ossia stipulando con i Paesi coinvolti di volta in volta e che oggi sono considerati dei paradisi fiscali, trattati-convenzioni, attraverso cui le informazioni e i dati di carattere fiscale vengano trasmessi dai Paesi interessati, anche automaticamente, ai Paesi di residenza dei contribuenti.

D. – Il presidente Usa, Barack Obama, ha detto nei giorni scorsi che l’evasione è un fenomeno globale e deve essere quindi affrontato in maniera globale, con stesse regole. È possibile parlare di standard da questo punto di vista, nonostante i diversi interessi?

R. – Standard ne esistono e da tempo, ma questi Stati devono essere costretti, con la politica, a scendere a patti. È una questione – ripeto – politica, non giuridica; perché a livello normativo non è difficile ideare un trattato che consenta lo scambio di informazioni: ne esistono già. Bisogna costringere però il paradiso fiscale a stipularlo. Detto in maniera molto semplice, i Paesi che hanno a che fare con i paradisi fiscali potrebbero dotarsi di norme che rendano molto difficile fare attività commerciale con i paradisi fiscali, e quindi li isolino economicamente.

D. – A livello europeo, a che punto siamo per quanto riguarda le norme per ridurre lo spazio per l’evasione? Ci sono già norme globali, ma si guarda anche ad una riforma: in che cosa consisterà?

R. – I Paesi europei sono già dotati di norme interne, ma si lavora anche ad un’armonizzazione delle diverse legislazioni dei singoli Paesi membri, che va in questa direzione. Ad esempio, poche settimane fa era uscita una proposta di direttiva - “Anti - Beps”, che serve a far sì che i singoli Paesi europei si dotino di leggi più forti, in particolare, in questo caso, contro l’elusione e l’evasione fiscale internazionale di multinazionali, di soggetti per cui è molto facile spostare reddito da un Paese all’altro. Quindi – ripeto – l’Europa è già dotata di una buona strumentazione giuridica antielusiva e antievasiva, ma questa verrà rafforzata proprio per effetto del pacchetto di misure, tra le quali la proposta di direttiva “Anti – Beps”.

D. – Lei che idea si è fatto? È possibile che tutto questo sia, come dice Soros, un complotto di matrice statunitense?

R. – Qui entriamo nel campo delle mere ipotesi. Che ci siano in tutte le parti del mondo persone che spostano i propri beni in paradisi fiscali, ciò è assolutamente noto, nonostante i diversi provvedimenti di condono che abbiamo avuto qui in Italia. Cambiano i luoghi, ma il vizio rimane sempre lo stesso.

D. – E come dice il presidente Obama, il problema è che in parte tutto questo è legale?

R. – È legale, nel senso che io sono libero di spostarmi dove voglio nel mondo, e i miei asset – i miei beni – li posso portare dove voglio. Nessuno vieta al cittadino italiano di non risiedere più in Italia. Allora la questione è che se una persona vive in Italia, deve pagare le tasse qua, anche se ha portato i beni fuori. Se si sposta all’estero, deve veramente essere andato a vivere all’estero, perché se formalmente è andato a vivere fuori, ma in realtà seguita a vivere in Italia, le imposte deve seguitare a pagarle qui.








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