Dopo il Kenya anche l’Uganda intende procedere alla registrazione delle cosiddette Organizzazione fondate sulla fede (Faith Based Organizations Fbo), ovvero le confessioni religiose. Un provvedimento, sponsorizzato dal dipartimento per le questioni religiose ed etiche dell’Ufficio Presidenziale, che è fortemente contestato dalla Chiesa cattolica e dalle altre confessioni cristiane.
La Chiesa cattolica considera sospetta l'iniziativa
“Se quello che stiamo facendo è buono, allora perché dobbiamo essere registrati? Perché
una fede che esiste da secoli necessita di una licenza per operare?” si chiede mons.
John Baptist Kauta, segretario generale della Conferenza episcopale dell’Uganda, che
descrive questa iniziativa governativa come sospetta. Mons. Kauta si chiede in effetti
quali siano le reali intenzioni delle autorità politiche nell’adottare un simile provvedimento.
Gli anglicani si chiedono qual'è la logica sottesa alla registrazione delle
religioni
Mons. Macleod Baker Ochola, vescovo anglicano emerito di Kitgum, e membro della Acholi
Religious Leaders Peace Initiative (Arlpi), si chiede come un governo al potere da
30 anni possa regolamentare delle confessioni religiose che esistono da secoli: “Come
fa un bambino a dire al padre come guidare una famiglia? Siamo qui da decenni. Quale
è la logica sottesa alla registrazione di religioni ben conosciute?”.
Le ragioni delle autorità ugandesi
Il rev. Canon Aaron Mwesigye, direttore del dipartimento per le questioni religiose
ed etiche dell’Ufficio Presidenziale, ha replicato alle critiche sottolineando che
la registrazione mira a risolvere le dispute religiose, a combattere la corruzione
e ad accrescere la collaborazione tra il governo e le confessioni religiose. (L.M.)
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