La Chiesa canadese ribadisce il suo forte e determinato impegno a sostegno dei diritti delle popolazioni autoctone del Canada, riconoscendo anche le proprie responsabilità storiche per le sofferenze inflitte in passato dagli europei alle Prime Nazioni del Paese. Lo fa in due importanti documenti pubblicati dalla Conferenza episcopale (Cnbb/Cecc), insieme alla Conferenza dei religiosi del Canada (Crc), al Consiglio autoctono del Canada e all’Organizzazione cattolica canadese per lo sviluppo e la pace.
La risposta all’”Appello all’azione numero 48”
Il primo è una risposta all’”Appello all’azione numero 48” della Commissione di Verità
e riconciliazione incaricata dal Governo di Ottawa di accertare le responsabilità
degli abusi e maltrattamenti perpetrati su più di 150mila bambini nativi sottratti
con la forza alle loro famiglie tra il XIX e XX secolo per essere “rieducati” nelle
scuole residenziali finanziate dallo Stato e gestite dalle Chiese cristiane. Un anno
fa la Commissione ha pubblicato un elenco di 94 appelli all’azione a favore delle
popolazioni native. Tra questi il 48° che, appunto, chiede specificamente a ogni confessione
religiosa canadese di pubblicare entro il 31 marzo 2016 una risposta ufficiale in
cui indicare come intende applicare le norme e i principi della Dichiarazione delle
Nazioni Unite del 2007 sui diritti dei popoli indigeni, con riferimento in particolare
alla libertà religiosa.
L’impegno della Chiesa per la promozione dei diritti delle Prime Nazioni
Nella sua risposta la Chiesa cattolica canadese ribadisce l’appoggio “esplicitamente”
espresso, in più occasioni, Dichiarazione Onu, sia dalla Santa Sede che dai vescovi
canadesi, ricordando, da un lato, che la Chiesa rifiuta ogni forma di coercizione
religiosa, contraria alla dottrina cattolica, e dall’altro, apprezza “lo sviluppo
di una spiritualità autoctona cattolica e di un’espressione autoctona del cattolicesimo”.
Inoltre, il documento richiama i numerosi appelli e l’azione concreta da essa intrapresa
insieme ad altre confessioni cristiane per la tutela e promozione dei diritti delle
Prime Nazioni, a cominciare da quello alla terra. La dichiarazione conclude quindi
con un appello a tutti i cattolici a fare propri otto impegni per continuare “a camminare
insieme ai popoli nativi e costruire così una società più giusta, dove siano coltivati
e onorati i loro doni e quelli di tutta la società” . Tra questi, quello a proseguire
il lavoro educativo delle scuole cattoliche per ristabilire la verità storica sulle
popolazioni native in Canada e quello di promuovere una cultura dell’incontro, coinvolgendo
anche insegnanti autoctoni nella formazione del clero e degli operatori pastorali.
La Chiesa non ha mai avallato le dottrine della scoperta e della terra
nullius
Il secondo documento, preparato dall’Organizzazione cattolica canadese per lo sviluppo
e la pace, chiarisce la posizione della Chiesa circa l’antica controversia sui concetti
legali conosciuti come la “dottrina della scoperta” e della “terra di nessuno” (“terra
nullius”), addotti dalle potenze coloniali europee per giustificare l’occupazione
di territori appartenenti ai popoli autoctoni. Concetti spesso ricondotti a diverse
bolle papali del XVI secolo durante la colonizzazione spagnola e portoghese delle
Americhe. Il testo di 15 pagine respinge con forza questa tesi e con un’ampia documentazione
storica allegata, afferma che la Chiesa non ha mai riconosciuto ai cristiani il diritto
di appropriarsi di terre appartenenti a non cristiani. (A cura di Lisa Zengarini)
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