2016-03-31 13:55:00

Mozambico: no al dialogo tra governo e partito di opposizione


Sempre più tesa la situazione politica in Mozambico tra il governo guidato dal presidente, Filipe Nyus, e il principale partito di opposizione Renamo, la Resistenza nazionale mozambicana, che non ha accettato l’invito al dialogo per mettere fine agli scontri che da mesi colpiscono il Paese. Intanto, sono centinaia i profughi mozambicani che in questi giorni stanno fuggendo a Kapise, nel vicino Malawi, colpito da una delle peggiori siccità della storia, aggravando così la sua già delicata situazione economica.  Al microfono di Marina Tomarro, il commento di don Angelo Romano, responsabile delle relazioni internazionali per la Comunità di Sant’Egidio, in questo momento in Mozambico per monitorare la situazione:

R. – In Mozambico, c’è un problema di crescente tensione e purtroppo anche di scontri con vittime. È una situazione molto preoccupante. Lo stesso Papa Francesco ha pregato per la pace in Mozambico durante l’Angelus pronunciato il giorno di Pasqua. Ciò mostra quanto questa preoccupazione sia giunta fino all’attenzione del Santo Padre e di quanti siano amici di questo Paese. Questi scontri sono la manifestazione della tensione crescente tra i principali partiti di opposizione: la Renamo, l’antico movimento ribelle, e il governo, espressione del partito vincitore delle elezioni, il Fronte di Liberazione del Mozambico detta Frelimo. Questa tensione crescente ha radici purtroppo in tutta una serie di problemi che non sono stati risolti. Quello che è il fattore principale di speranza per questo Paese è il fatto che c’è una grandissima volontà da parte del popolo mozambicano di non tornare indietro. Il popolo mozambicano vuole la pace. La memoria dell’orribile periodo della guerra civile – che si è conclusa con gli accordi di pace di Orma firmati a Sant’Egidio il 4 ottobre 1992 – durata 17 anni, ha prodotto un milione di morti. Quindi, tuto questo dovrebbe spingere i protagonisti del quadro politico mozambicano a moltiplicare gli sforzi di pace. La presenza di una delegazione della Comunità di Sant’Egidio qui a Maputo e la mia presenza qui come responsabile delle relazioni internazionali nasce proprio da questa preoccupazione di percorrere tutte le strade possibili affinché rinasca il dialogo e si possa ritornare ad una situazione di pace.

D. – Il Mozambico dopo la guerra civile del ’92 ha conosciuto una rinascita. Attualmente come si vive?

R. – È chiaro che il Paese è rinato. Il Paese ha uno sviluppo economico importante, anche se oggi la crisi economica mondiale ha colpito anche il Mozambico. Sappiamo che tutti i Paesi africani, in quanto Paesi esportatori di materie prime, sono colpiti dal calo della produzione industriale. Ovviamente, quando la produzione cala, cala anche l’esportazione. Poi, soffre ovviamente tutte le contraddizioni di cui può soffrire un Paese con una crescita anche molto rapida, quindi problemi di disuguaglianza sociale, a volte anche di corruzione, di ingiustizia. Sono tutte cose che in una società vengono dette “dinamiche normali”. A questo si aggiunge il fatto che questa dinamica interna ancora non risolta tra il principale partito di opposizione e il governo spesso diventa scontro fisico. Questo ovviamente non fa bene al Paese, non fa bene a nessuno, e fa crescere nel cuore di tutti gli amici del Mozambico una preoccupazione forte.

D. – Quel potrebbe essere una soluzione? Tra l’altro, in questi giorni tanti sono i profughi che cercano rifugio nel Malawi…

R. – Questo è il segnale di quanto sia grave la situazione, perché non si abbandona la propria casa per nulla e chi lo fa sa che evidentemente rimanere a casa sua sarebbe esporsi al rischio di perdere la vita. La Chiesa mozambicana ha espresso la sua forte preoccupazione per la situazione. Da parte del presidente Nyusi la chiara volontà di percorrere la via del dialogo. A questo punto, il problema è fare in modo che tutto questo avvenga e che possa fermare un po’ questo rischio di escalation. A volte le cose succedono anche perché la tensione già cresce da sola. Questo è il rischio che vediamo oggi, che anche senza una decisione chiara da parte della leadership politica possa crearsi una situazione irreversibile. Noi siamo qui appositamente per percorrere tutte le vie possibili di dialogo, di confronto, di incontro, affinché questo non avvenga.








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