2016-03-30 14:58:00

Msf: l'India difenda il suo essere "farmacia" per i più poveri


Al via oggi a Bruxelles il vertice tra Unione Europea e India che dovrebbe riavviare i negoziati sul libero scambio interrotti da più di tre anni. Sul tavolo anche alcuni accordi che, se accettati, potrebbero mettere a rischio la produzione e l’esportazione da parte indiana di farmaci generici e quindi minare l’accesso ai medicinali a basso costo per milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo. L’ipotesi viene denunciata oggi da Medici Senza Frontiere: che il premier indiano, Narendra Modi - è stato il suo appello - difenda “la farmacia dei paesi poveri”. Adriana Masotti ne ha parlato con Silvia Mancini, esperta di salute pubblica per l’organizzazione umanitaria:

R. – Per anni l’India, pur rispettando le leggi internazionali sul commercio, ha continuato a produrre dei farmaci generici tutelando la salute dei propri pazienti e fornendo tutti questi farmaci anche ai Paesi in via di sviluppo che non avevano capacità produttiva. Oggi, di fatto, l’Europa sta cercando di mettere in discussione questa possibilità chiedendo una serie di restrizioni molto rilevanti sulla proprietà intellettuale e quindi sui brevetti che sono concessi ai farmaci. Queste, se venissero accettate, potrebbero comportare sia un blocco della produzione di questi farmaci, sia un blocco della loro esportazione verso i Paesi in via di sviluppo. Ci sarebbe di conseguenza una riduzione notevole dell’accessibilità dei farmaci a prezzi contenuti. Un’altra cosa da tenere assolutamente sotto controllo è il fatto che, se una grossa multinazionale farmaceutica dovesse citare in giudizio una casa produttrice di farmaci generici, anche le associazioni come per esempio “Medici Senza Frontiere”, che utilizzano questi farmaci generici, potrebbero essere chiamati in causa e in giudizio. Chiarament,e si tratta di una partita molto importante che si sta giocando a questi livelli, il cui contenuto spesso non è di pubblico accesso, né alle parti in causa, né ai governi che potrebbero invece alzare la voce su questo fronte e giocare un ruolo molto importante per difendere la salute dei propri cittadini.

D. – Che cosa c’entra il rafforzamento della proprietà intellettuale con la possibilità di esportare, di vendere i propri medicinali?

R. – Moltissimi Paesi che producono farmaci non generici, e quindi le grandi case farmaceutiche, insistono nel dire che la produzione del farmaco deve essere rivolta al mercato interno, ma che questo non può essere esportato. Ed eventualmente non concedono al Paese produttore di poter esportare verso Paesi che non hanno una capacità produttiva. Ora, quello che si sta cercando di fare è ridurre questa capacità attraverso un rafforzamento della proprietà intellettuale, che da un lato non prevede più l’esportazione, e dall’altro, prevede l’allungamento del periodo di tempo entro cui il brevetto ha un’efficacia, un effetto. Attualmente è sui 20 anni e questo potrebbe subire invece degli allungamenti. Di quanto, dipenderà dal contenuto del negoziato.

D. – Ma perché l’India dovrebbe accettare questa richiesta da parte dell’Unione Europea?

R. – Perché il Trattato di libero scambio non riguarda semplicemente l’accesso ai farmaci, ma è un trattato molto complesso, che riguarda diversi beni prodotti da una parte e dall’altra. Quindi, è un “trade-off”: un Paese mi concede una cosa a fronte del fatto che l’altro me ne concede un’altra. Quindi, bisognerà vedere cos’altro all’India si dà in cambio di questo. Ora, siccome questi negoziati sono - ahinoi - estremamente secretati, è difficile sapere che cos’altro c’è sul tavolo.

D. – Perché l’Unione Europea si fa portavoce delle richieste delle multinazionali farmaceutiche?

R. – L’Unione Europea, come altri Paesi – Stati Uniti, Giappone – sono dei Paesi in cui risiedono moltissimi interessi delle multinazionali farmaceutiche,  basti pensare alle grosse “Big five”: ad esempio, la Pfizer ha sede negli Stati Uniti, la Glaxo nel Regno Unito, la Novartis in Svizzera, la Merck in Germania. Insomma, l’Unione Europea si fa portavoce di una serie di interessi a scapito però dei diritti del paziente, del malato. E teniamo conto che oggi non è più soltanto in discussione l’accesso ai farmaci per i Paesi poveri, ma ricordiamo che ci sono attualmente delle lunghissime liste di attesa per pazienti di Paesi ricchi, ad esempio affetti da epatite C o da cancro per dei farmaci che costano tantissimo e per i quali le casse dei nostri Ministeri non riescono più a far fronte. E quindi, in realtà si tratta sì di difendere interessi commerciali da parte dell’Unione Europea, ma questo non deve essere fatto a scapito della salute pubblica dei propri cittadini e soprattutto dei cittadini dei Paesi in via di sviluppo, che non hanno neanche la tutela dei propri governi.








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