2016-03-27 10:00:00

Colombia, mons. Quiroga: sia una Pasqua di riconciliazione


La Pasqua in Colombia si vive anche nella speranza di una autentica riconciliazione, di una rinascita del Paese dopo decenni di conflitto con le Farc. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’arcivescovo di Tunja, mons. Luis Castro Quiroga,  presidente della Conferenza episcopale della Colombia:

R. – La Santa Pasqua si vive, in Colombia, con molta devozione, con molta pietà. I cattolici in questa Settimana Santa riflettono sui misteri della passione, della morte e della resurrezione del Signore. Evidentemente, sembra che ci sia un contrasto forte tra questa vita di pietà, da una parte, e un contesto ancora di guerra e di violenza dall’altra. Precisamente per questo noi cerchiamo, nel corso della Settimana Santa, di infondere questi sentimenti di amore e anche di misericordia. Sentimenti, specialmente, di perdono e di riconciliazione che sono veramente una cosa urgente per la Colombia: dopo 50 anni di guerra i cuori si riempiono di desiderio di vendetta, di odio. La speranza è che, strutturalmente, il nostro Paese possa cambiare e si possa arrivare a ricostruire la nostra società, nella quale possiamo tutti vivere da fratelli e non da lupi che si uccidono.

D. – Per quanti riguarda il processo di pace, le speranze sono riposte nei negoziati che proseguono a Cuba, proprio per porre fine a questo conflitto che insanguina il Paese da cinquant’anni…

R. – Le speranze sono poste adesso in questi incontri che si svolgono a Cuba. In questo momento, ci sono delle difficoltà. Difficoltà che significano che tanti punti difficili si lasciano per dopo ma adesso già non c’è più il “dopo”. Devono essere affrontate le questioni della sicurezza. I guerriglieri devono distruggere le armi o consegnarle allo Stato, devono inserirsi in una vita democratica, da cittadini normali. E tutto questo in un ambiente in cui ci sono altri gruppi, loro nemici, e questo può rappresentare una grande difficoltà. Tutto questo deve essere risolto: penso che attraverso il dialogo si arriverà anche ad una soluzione per incominciare a ricostruire questo Paese.

D. – In questo scenario di conflitto, i più vulnerabili restano i bambini. Secondo l’Unicef da quando sono iniziati i colloqui di pace, nel 2013, – tre anni fa – sono almeno 250 mila i bambini colpiti dal conflitto in vario modo. Oltre 230 mila, in particolare, sono gli sfollati. Proprio negli occhi dei bambini è riflessa la guerra ma anche la speranza in un futuro migliore. E’ un po’ questa l’immagine della Colombia, un Paese ferito che però guarda al futuro …

R. – Ci sono bambini che sono stati reclutati per andare in guerra. Questo è il problema più grande che abbiamo. Per un bambino iniziato al dramma della guerra, questo è un gioco. Recuperare una persona così è molto difficile però, in qualche modo bisogna riuscirci.  Quindi, da una parte ci sono questi bambini. Dall’altra parte ci sono tutti quelli che hanno perso i familiari, vittime della violenza. E poi, ci sono altri – specialmente quelli appartenenti ai gruppi indigeni – che vivono una situazione tale per cui muoiono per mancanza di cibo e per una situazione generale che non permette loro di crescere. Questo anche è un grande problema al quale il Paese riserva grande attenzione, perché i bambini sono il futuro del nostro, come di ogni altro Stato. Quindi speriamo di iniziare una tappa nuova nella vita del Paese.








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