2016-03-26 15:09:00

Iraq. Mons. Warduni: dialogo possibile se è disinteressato


In Iraq si preannuncia una Pasqua sanguinosa dopo l’attentato di ieri sera nello stadio di Iskanderiya, 50 chilometri a sud di Baghdad, e rivendicato dall’Is. A oggi il bilancio è di 41 morti e 105 feriti. Maria Laura Serpico ha chiesto a mons. Shlemon Warduni, ausiliare di Baghdad dei Caldei, quale clima si respiri in Iraq in questa Pasqua:

R. – La situazione in generale non è molto tranquilla. Perciò, noi abbiamo fiducia in quello che dice Gesù quando dice: “Non abbiate paura!”. Noi siamo pieni di speranza, perché la fede cristiana è speranza: speranza nel Risorto, speranza nell’amore per il quale Lui ci ha detto di amarci gli uni gli altri, e poi amare Dio con tutto il cuore, e il prossimo e andiamo avanti!

D. – Il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Louis Raphael I Sako, nel messaggio per la Pasqua ha esortato i cristiani a “rimanere uniti su questa nostra terra”. Perché i cristiani oggi dovrebbero rimanere in Iraq?

R. – Vivere insieme è una cosa, vivere gli interessi personali o religiosi oppure confessionali è un’altra cosa. Noi abbiamo vissuto insieme per tutti questi anni, con difficoltà, perché non è andato sempre tutto liscio, però abbiamo fatto il nostro possibile per mettere pace con i fratelli musulmani, cioè con i nostri coetanei e anche con quelli che c’erano prima. Però, anche noi non sappiamo: adesso sono aumentati gli interessi personali, sono aumentate le guerre, le divisioni. Secondo me, questo accade perché il mondo si allontana da Dio non solo qui in Iraq ma, come si vede, in tutto il mondo. Avete visto cosa è successo a Bruxelles, avete assistito tramite alla televisione, alcuni mesi fa, a quello che è successo in Francia. Noi gridiamo da tanto tempo: per favore, non vendete le armi a questa gente che non ha coscienza. Cercate di fabbricare altre cose che fanno bene all’uomo, cercate di obbedire a Dio, a Cristo nostro Signore, che dice: “Amatevi gli uni gli altri”. In questo modo possiamo vivere e continuare la nostra vita con loro. Ma quando ci sono i diavoli che sono scesi dall’inferno in terra, questi diavoli fanno tutto per dividere gli uomini da Dio, gli uomini tra di loro e anche l’uomo in se stesso, che è diviso, perché da una parte c’è Dio e la sua salvezza, e dall’altra parte c’è anche il diavolo che cerca, come ha fatto con Adamo, di allontanare l’uomo da Dio.

D. – Secondo lei, un dialogo interreligioso è ancora possibile oggi sul suolo iracheno?

R. – Se veramente abbiamo detto “dialogo”, dialogo vero, dialogo disinteressato, dialogo senza alcuna cattiveria, solo fare la volontà di Dio, questo dialogo è possibile. Ma quando ci sono tante altre cose che vogliono "tirare il buon cuore dal campo di Dio", allora sarà impossibile. Noi speriamo, in questa Santa Pasqua, che il Signore ci dia la sua grazia: chiediamo che sia una Pasqua di pace in tutto il mondo, perché non è solo l’Iraq, dove c’è la guerra, oppure la Siria, per tutto il mondo. Perché l’uomo si allontana da Dio. Andiamo a girare per le strade dell’Europa: cosa vediamo? Possiamo chiedere o parlare di Dio davanti agli altri? Subito diranno: questo non è il nostro interesse, questo non è affar nostro. Perché non si può parlare al parlamento europeo di cristianesimo? Questo è fanatismo? Oppure è fanatismo proprio “contro” Dio? Quindi, noi chiediamo la speranza, la pace, l’amore, la salvezza, l’unità per tutto il mondo, per mezzo dell’intercessione di nostra Madre, Maria.








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