2016-03-26 14:03:00

Bruxelles. Cheffou terzo terrorista. Brusa: pochi rischi nucleari


Perquisizioni e fermi anche oggi a Bruxelles, sarebbe stato identificato il terzo terrorista della strage all’aeroporto Zaventem. E mentre il presidente statunitense Barack Obama esprime sostegno per la lotta contro i jihadisti, il terrorista Salah Abdeslam ha smesso di collaborare con gli inquirenti. Confermata purtroppo la morte dell'italiana dispersa, Patricia Rizzo. Massimiliano Menichetti:

A Bruxelles è guerra serrata contro il terrorismo e nella quarta giornata di fermi e indagini dopo la strage, spunta il nome di Faysal Cheffou. Sarebbe lui il terzo attentatore dell'aeroporto di Zaventem, quello con il cappello nero ripreso dalle telecamere di sorveglianza. Lo scrive il quotidiano belga Le Soir sottolineando che comunque ancora non è arrivata una conferma dalla Procura.

Cheffou identificato dal tassista
Cheffou è stato fermato giovedì sera e il suo arresto è stato confermato ieri dopo un lungo interrogatorio. E' stato identificato grazie alla testimonianza chiave del tassista che il giorno della strage aveva accompagnato il commando a Zaventem.

Zaventem riaprirà martedì
Lo scalo riaprirà martedì. Ieri nei quartieri di Schaerbeek, Forest e Saint-Gilles sono stati tre gli uomini arrestati tutti legati anche agli attentati del 13 novembre a Parigi. Tra di loro anche “un pesce grosso” che però non è, contrariamente a quanto detto in precedenza, Mohamed Abrini, il complice di Salah Abdeslam il quale che ha smesso di collaborare con gli inquirenti.

Paura a Schaerbeek
Ieri a Schaerbeek ancora paura quando uno degli arrestati ha provato a prendere in ostaggio una donna e un bambino, prima di essere bloccato dagli agenti che gli hanno sparato alle gambe. Confermato che nello zaino, che ha provato ad allontanare da sé, aveva “elementi esplosivi”. Ha fatto il giro del mondo l’immagine dell’uomo a terra, con vicino un robot sminatore utilizzato per prendere la borsa.

La mappa di Abdelhamid Abaaoud
Disegni e una mappa dell'aeroporto di Bruxelles sarebbero stati trovati poi in un Pc che si trovava nell'appartamento di Atene di Abdelhamid Abaaoud, considerato il cervello degli attentati di Parigi.

Hollande: presto cellula terroristica annientata
Dopo l’arresto giovedì di Reda Kriket, altra mente delle stragi parigine, il presidente Hollande ha detto che “la rete degli attentati” in Francia e Bruxelles è "sulla buona strada per essere annientata", ma ci sono - ha rimarcato - “altre reti” che restano “una minaccia".

Il sostegno di Barak Obama
Gli ha fatto eco oggi l’omologo statunitense Barack Obama che ne consueto discorso del sabato ha espresso sostegno per la sconfitta dell’Is che “rimane una priorità militare, di intelligence e di sicurezza”. Intanto è stata smentita ufficialmente la pista jihadista per l'omicidio dell’agente della sicurezza della centrale nucleare di Charleroi.

Le minacce alle centrali nucleari
Sulla possibile minaccia nei confronti delle centrali atomiche abbiamo intervistato l’ing. Luigi Brusa, già direttore tecnico di Sogim, società per la gestione di scorie e strutture nucleari:

R. – Le centrali nucleari sono sempre state considerate un obiettivo sensibile e come tali soggette a speciali norme di protezione e di security. Un attacco dall’esterno, secondo me, è impraticabile perché si tratta di strutture particolarmente massicce, particolarmente protette. A meno che non si pensi ad un bombardamento o a scenari di guerra, ma non un attacco terroristico come a Bruxelles.

D. - Ovvero un attacco kamikaze fuori dalla struttura non avrebbe esito?

R. – A ridosso non della struttura, sicuramente no! Anche all’aeroporto belga non ci sono state conseguenze devastanti sulla struttura. Quelle usate fino ad ora non sono cariche in grado di provocare danni su strutture che hanno pareti di uno spessore di 30-40 cm, fatte di calcestruzzo armato… Per un danno consistente bisognerebbe ipotizzare veramente scenari diversi da quelli del terrorista che si fa esplodere.

D. – Invece se si riuscisse ad entrare in una struttura, che cosa potrebbe accadere?

R. – Ci potrebbero essere due possibilità. La prima: sapendo dove andare e riuscire a provocare una esplosione capace di provocare una dispersione di radioattività notevole. La seconda, la cosa più rischiosa, è la sottrazione di materiale radioattivo, con il quale costruire le famose bombe sporche.

D. – Qual è l’effetto che hanno questi esplosivi?

R. – Si crea, oltre ad un danno immediato, una contaminazione nella zona in cui viene provocata l’esplosione e qui si crea un danno permanente non trascurabile.

D. – Ma è relativamente semplice entrare in strutture di questo tipo?

R. – No. Non è facile penetrare in una centrale con tutte le protezioni. Ci sono doppie recensioni, barriere antisfondamento; c’è una sorveglianza continua 24 ore su 24: non è che uno arriva e entra!

D. – Quindi la minaccia maggiore qual è?

R. – Credo che la cosa più realistica – a meno di non pensare ad un commando armato di 20 persone, che occupa militarmente… ma certo andiamo su scenari da guerra – penso sia quella del tentativo di sottrarre del materiale e questo è possibile non soltanto sulle centrali, perché il materiale radioattivo viene oggi conservato in molti posti.

D. – Con questo allarme terrorismo sono aumentate le misure di sicurezza?

R. – Nelle centrali ci sono diversi livelli di preallarme e allarme: gli impianti - ad esempio - hanno una doppia recinzione e fra le due c’è un percorso che la vigilanza compie proprio per monitorare la situazione. In fasi di questo tipo viene intensificata la frequenza di queste ispezioni e, in passato, abbiamo avuto anche una vigilanza da parte dell’esercito. Quindi ci sono misure di protezione fisiche e di sicurezza che vengono normalmente innalzate in periodi particolarmente critici, com’è questo.








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