2016-03-26 20:06:00

Bruxelles: annullata marcia contro la paura. Nuovi arresti


Stragi di Bruxelles: non si farà la marcia contro la paura prevista per domani nel cuore del capoluogo belga. Le autorità ne hanno chiesto e ottenuto il rinvio per far proseguire le indagini che intanto oggi registrano due importanti novità. Il servizio di Gabriella Ceraso

Era stata lanciata su Fb e avrebbe richiamato tutta la popolazione a Place de la Bourse - luogo simbolo della solidarietà e della voglia di ricominciare dei belgi- domani sin dalle 14 per dire no alla paura. La grande marcia però non si farà. “Non venite” hanno ribadito gli organizzatori alla popolazione dopo la richiesta del sindaco e del ministro dell’Interno di lasciar spazio di azione agli inquirenti e non creare problemi agli agenti sul territorio. Proprio sul fronte delle indagini infatti si va avanti con importanti novità. La prima è che è stato confermato l’arresto di Faysal Cheffou, il freelance che ha lavorato per denunciare i soprusi subiti dai maghrebini a Bruxelles e poi è diventato un recrutatore degli ambienti jihadisti della capitale. E’ l’uomo che è scappato dopo le esplosioni dei suoi due complici a Zaventem, quello che le telecamere dello scalo belga inquadrano con cappello e giacca chiara che spinge il carrello. Con lui tutto il commando è dunque ricostruito. Altra novità di oggi è l’identità svelata dell’uomo arrestato ieri in strada a Schaerbeek. Contrariamente a quanto detto in precedenza, non si tratta di Mohamed Abrini, complice di Salah Abdeslam - il quale intanto ha smesso di collaborare con gli inquirenti - ma è figura altrettanto nota alle intelligence di tutto il mondo. E’ Abderahman Ameroud, franco algerino condannato nel 2001 per complicità nell'omicidio del comandante Massoud, uomo chiave dell’opposizione talebana, omicidio avvenuto nei giorni precedenti agli attentati dell’11 settembre. L’allerta resta massima in Belgio come in Francia e nel resto d’Europa. Anche oggi diversi i falsi allarmi e i pacchi sospetti, anche a Fiumicino. L'aeroporto di Bruxelles non riaprirà prima di martedì. Confermata infine in via definitiva l’identificazione della salma dell’italiana Patricia Rizzo, deceduta a seguito dell'attentato alla stazione di Maelbeek del 22 marzo. 

Intanto è stata smentita ufficialmente dalla procura belga la pista jihadista per l'omicidio di un agente della sicurezza della centrale nucleare di Charleroi poco distante da Bruxelles. Si tratterebbe invece di criminalità comune. Ma sulla possibile minaccia nei confronti delle centrali atomiche Massimiliano Menichetti ha intervistato l’ing. Luigi Brusa, già direttore tecnico di Sogim, società per la gestione di scorie e strutture nucleari:

R. – Le centrali nucleari sono sempre state considerate un obiettivo sensibile e come tali soggette a speciali norme di protezione e di security. Un attacco dall’esterno, secondo me, è impraticabile perché si tratta di strutture particolarmente massicce, particolarmente protette. A meno che non si pensi ad un bombardamento o a scenari di guerra, ma non un attacco terroristico come a Bruxelles.

D. - Ovvero un attacco kamikaze fuori dalla struttura non avrebbe esito?

R. – A ridosso non della struttura, sicuramente no! Anche all’aeroporto belga non ci sono state conseguenze devastanti sulla struttura. Quelle usate fino ad ora non sono cariche in grado di provocare danni su strutture che hanno pareti di uno spessore di 30-40 cm, fatte di calcestruzzo armato… Per un danno consistente bisognerebbe ipotizzare veramente scenari diversi da quelli del terrorista che si fa esplodere.

D. – Invece se si riuscisse ad entrare in una struttura, che cosa potrebbe accadere?

R. – Ci potrebbero essere due possibilità. La prima: sapendo dove andare e riuscire a provocare una esplosione capace di provocare una dispersione di radioattività notevole. La seconda, la cosa più rischiosa, è la sottrazione di materiale radioattivo, con il quale costruire le famose bombe sporche.

D. – Qual è l’effetto che hanno questi esplosivi?

R. – Si crea, oltre ad un danno immediato, una contaminazione nella zona in cui viene provocata l’esplosione e qui si crea un danno permanente non trascurabile.

D. – Ma è relativamente semplice entrare in strutture di questo tipo?

R. – No. Non è facile penetrare in una centrale con tutte le protezioni. Ci sono doppie recensioni, barriere antisfondamento; c’è una sorveglianza continua 24 ore su 24: non è che uno arriva e entra!

D. – Quindi la minaccia maggiore qual è?

R. – Credo che la cosa più realistica – a meno di non pensare ad un commando armato di 20 persone, che occupa militarmente… ma certo andiamo su scenari da guerra – penso sia quella del tentativo di sottrarre del materiale e questo è possibile non soltanto sulle centrali, perché il materiale radioattivo viene oggi conservato in molti posti.

D. – Con questo allarme terrorismo sono aumentate le misure di sicurezza?

R. – Nelle centrali ci sono diversi livelli di preallarme e allarme: gli impianti - ad esempio - hanno una doppia recinzione e fra le due c’è un percorso che la vigilanza compie proprio per monitorare la situazione. In fasi di questo tipo viene intensificata la frequenza di queste ispezioni e, in passato, abbiamo avuto anche una vigilanza da parte dell’esercito. Quindi ci sono misure di protezione fisiche e di sicurezza che vengono normalmente innalzate in periodi particolarmente critici, com’è questo.








All the contents on this site are copyrighted ©.