2016-03-25 11:36:00

Il Papa a pranzo con i Parroci di Roma per ascoltare e imparare


Attenzione alle persone, a tutte le persone, in particolare a quelle più in difficoltà: è quanto chiede il Papa ai parroci di Roma con cui ha pranzato ieri in Vaticano dopo la Messa crismale. Una decina i sacerdoti presenti: l'incontro si è svolto in un clima molto familiare. C'era anche don Manrico Accoto, giovane parroco della Chiesa di Santa Giulia Billiart, a Tor Pignattara. Ascoltiamo la sua testimonianza al microfono di Sergio Centofanti:

R. – È stata un’esperienza molto bella, nella sua semplicità e normalità. Il Papa ci ha messi tutti a nostro agio e ha voluto semplicemente ascoltarci tutti. Ognuno ha potuto raccontare la propria vita in parrocchia: Roma è molto diversificata, dal nord al sud, tra quartieri giovani e residenziali e altri più popolari e periferici. Ha ascoltato tutti con molto interesse, senza mai interrompere, sempre con un atteggiamento di chi ha da imparare, facendoci sentire dei maestri importanti. E questo secondo me ha dato proprio l’immagine, come abbiamo celebrato ieri, di un Gesù che si toglie le vesti e ridona dignità e importanza a chi lo segue. Come parroci di Roma, cerchiamo di seguire il nostro Vescovo e lui ci ha dato una carezza, un bacio, facendoci sentire ascoltati e sottolineando le cose che facciamo: un po’ come un padre che ascolta le piccole cose dei figli, sottolineandone però l’importanza, perché è attraverso queste piccole cose che si costruisce il futuro.

D. – Che cosa è emerso della Diocesi di Roma da quello che voi avete detto al Papa?

R. – Sono emerse sicuramente le positività di comunità vive, con famiglie giovani che si mettono in cammino, magari anche alla riscoperta della fede, portando i propri figli. Sono emerse le scelte belle di comunità, attraverso la preghiera, il servizio ai più poveri, scelte solidali. E sono emerse anche le difficoltà di un tessuto urbano che vive sicuramente un momento di grosso sacrificio e anche di grandi tensioni sociali in alcuni quartieri di Roma. Sono emerse le gioie, ma anche le fatiche dell’essere sacerdoti a Roma. Quindi, è emerso un po’ lo spaccato di gioie e dolori di una Diocesi che cammina, attraverso il grande impegno dei laici, e il bel rapporto tra il popolo di Dio e i suoi pastori.

D. – Tu in particolare cosa hai detto al Papa?

R. – Ho descritto la mia realtà, molto diversificata, perché abbiamo anziani, ma anche delle famiglie giovani: è un quartiere popolare, ma al tempo stesso multietnico. Quindi il rapporto con l’islam; ma anche i ragazzi che hanno difficoltà a trovare un lavoro o quelli più piccoli che addirittura fanno fatica a finire le scuole medie. C'è il problema della droga, ma anche la grande vivacità di una comunità che si sta mettendo al servizio di tutto questo, attraverso lo stare insieme e la preghiera. Ho portato al Santo Padre la gioia e il cammino che la nostra comunità, qui a Tor Pignattara, sta facendo.

D. – Come vivono i parroci di Roma il Pontificato di Papa Francesco, del loro Vescovo?

R. – Sicuramente c’è stato un grande entusiasmo iniziale, perché un cambiamento porta sempre a qualcosa che ridesta: non perché non fossimo legati a Papa Benedetto – tutt’altro – ma semplicemente perché un cambiamento ti ridesta da una normalità che ormai tendi ad acquisire. Adesso, sicuramente, c’è anche la fatica di recepire i grandi stimoli che lui dà: cioè non è mai una “pappa pronta” – lui dice che devi fare e tu lo fai - per cui c’è la fatica del discernimento, del capire come mettere in pratica le linee di fondo, che però non potranno mai diventare delle soluzioni “precotte”. Quindi, ora, ci troviamo più nella semina che nel raccolto. Dove porterà il Pontificato di Papa Francesco, lo vedremo fra qualche anno. Bisogna con fiducia continuare a lasciarci guidare e suggestionare da lui, perché la nostra pastorale, piano piano e nel concreto, si rinnovi attraverso i suoi insegnamenti.








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