2016-03-22 13:12:00

Giovagnoli: visite Papi a Cuba, battistrada per incontro Obama-Castro


Attesa a Cuba per il discorso che Barack Obama rivolgerà in diretta televisiva alla nazione, nel corso della sua storica visita nell’isola caraibica, la prima di un Presidente statunitense dopo quasi 90 anni. Ieri, nel Palazzo della Rivoluzione dell’Avana, la storica stretta di mano tra il Presidente statunitense e Raul Castro. Quest’ultimo ha chiesto la revoca dell’embargo da parte americana, mentre il capo della Casa Bianca ha esortato al rispetto dei diritti umani. Sul significato di questa visita e sul ruolo della Chiesa nel disgelo Usa-Cuba, Alessandro Gisotti ha intervistato lo storico Agostino Giovagnoli, docente all'Università Cattolica del Sacro Cuore:

R. – Non c’è dubbio che si tratta di una notizia importante e molto positiva, perché segna la fine di quell’ostilità che ha diviso gli Stati Uniti e Cuba per più di 50 anni, e che ha rappresentato un fattore di tensione fortissima, anche per quanto riguarda tutta la realtà americana. Siamo dunque su una strada, una strada che è estremamente positiva, una strada di pace e di collaborazione; anche se, come ha sottolineato sia il Presidente Barack Obama sia il suo omologo Raúl Castro, si tratta di un percorso, del quale ancora non si vedono chiaramente gli sbocchi.

D. – Questa visita di Obama a Cuba ha anche un forte significato simbolico: c’è un’immagine che l’ha colpita in maniera particolare?

R. – Certamente, dal punto di vista protocollare, è interessante che ci sia stato l’incontro con il card. Ortega proprio all’inizio della visita. A sottolineare ancora una volta che, dietro questo cambiamento che è attualmente in corso, un ruolo importante lo ha avuto la Chiesa cattolica a Cuba, e ancora di più Papa Francesco e la Santa Sede.

D. – Obama ha proprio ricordato il ruolo di Francesco in questa costruzione di ponti tra Cuba e Stati Uniti: secondo lei quale ruolo potrà avere ora la Chiesa cattolica e i cattolici cubani nel futuro dei rapporti tra i cubani e gli americani?

R. – Questo è un ruolo molto importante, perché la Chiesa ha sempre svolto un’azione positiva, riconosciuta dalla realtà cubana, dalle stesse autorità del Paese. E quindi questo ruolo positivo può proseguire; anche perché è un ruolo da una parte di sostegno alla vita del popolo cubano, di sviluppo nel senso della crescita economica e via dicendo, ma è anche un ruolo che tende a sciogliere i nodi di conflittualità, di ostilità, che sono stati così pesanti per tanto tempo, e che continuano a pesare. Quindi, in altre parole, è un ruolo specifico, che però ha un valore continentale: ha dei riflessi su tutta la realtà latinoamericana.

D. – Molti osservatori hanno notato che con l’arrivo di Obama a Cuba è arrivato anche Google. Ecco, in qualche modo Cuba si apre al mondo anche attraverso Internet, un po’ come auspicava San Giovanni Poalo II nella sua storica visita del 1998…

R. – Sì, in effetti è una conferma del fatto che le visite dei Papi siano state un “battistrada” di questo lento, ma felice, percorso, come vediamo da oggi. Le aperture sul piano economico sono certamente molto importanti. L’accordo con Google aggiunge anche qualcosa di più, perché ovviamente Internet vuol dire comunicazione e quindi anche collegamenti internazionali. Certo, Cuba oggi si trova in bilico tra una questione dei diritti umani non ancora risolta, riguardante quindi democrazia e libertà, e dall’altra il rischio che il miglioramento dei rapporti con gli Usa si trasformi poi in una sorta di nuovo protettorato, non più politico, ma economico. Questa non sarebbe certamente la cosa più auspicabile per quest’isola che invece deve diventare un laboratorio importante in un mondo che invece è sconvolto da tanti conflitti e da tanti contrasti.








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