Cambiare mentalità e affrontare, in forma concreta, la situazione delle persone private della loro libertà, in particolare di coloro che appartengono ai settori sociali più vulnerabili. È l’invito che la Conferenza episcopale argentina rivolge in un documento della 110ª assemblea plenaria, approvato nel mese di novembre 2015, ma reso noto ieri. Nel documento, dal titolo “Fui in prigione e veniste a trovarmi (cf. Mt. 25,36)”, la Chiesa esorta a sradicare qualsiasi forma di violenza istituzionale e a percorrere vie di riconciliazione e amicizia sociale.
Vescovi chiedono più politiche d'inclusione sociale
“Siamo convinti – scrivono i vescovi – che, in una società dove sfortunatamente si
moltiplicano fatti delittuosi, uniti a violenza e morte, la soluzione non si raggiunga
soltanto con pene più severe e con nuovi istituti carcerari. Crediamo che il cammino
sia invece un altro: più politiche d’inclusione sociale che – nella ricerca del bene
comune – offrano uguaglianza di opportunità a tutti i membri della società, al fine
del loro giusto e doveroso sviluppo integrale”.
Il carcerato è un Figlio di Dio che non deve perdere la condizione di persona
“Nessuno – aggiungono i vescovi - per il solo fatto di delinquere, perde la sua condizione
di persona, Figlio di Dio e membro della famiglia umana. Deve pertanto essere trattato
come tale. Non si deve mai sottoporre il rispetto della dignità della persona a nessun’altra
finalità, come ad esempio, la correzione o la riparazione del danno. Dev’essere riaffermato
il valore della giustizia, nel rispetto delle garanzie del regolare processo e del
diritto alla giusta difesa secondo diritto”.
La risposta al delitto non sia soltanto la prigione e l'oblio dei detenuti
Dal documento emerge, inoltre, la denuncia di “inammissibili celle di totale isolamento”
nelle carceri argentine e di una corruzione che non consente ai detenuti di accedere
ai beni essenziali per qualsiasi persona, quali l’alimentazione, l’assistenza, l’istruzione,
la religiosità, i legami familiari, la ricreazione e l’arte. “Occorre un cambio urgente”,
concludono i vescovi, auspicando che la società argentina possa costruire legami di
comunione e di appartenenza tali che, di fronte al delitto, la risposta non sia soltanto
la prigione e l’oblio dei detenuti. (R.P.)
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