2016-03-13 10:30:00

Caritas italiana: urgente superare il Trattato di Dublino


Immigrazione: Stoccolma ha minacciato il governo tedesco di rivolgersi alla Corte di giustizia europea se Berlino non rispetterà il regolamento di Dublino riammettendo i migranti che, pur essendosi registrati in Germania, sono passati oltreconfine ed hanno fatto richiesta di asilo in Svezia. Nei giorni scorsi il commissario europeo Avramopoulos aveva richiamato gli Stati dell’Unione ad accettare con urgenza i ricollocamenti dei rifugiati. Intanto l’Italia si prepara a un possibile nuovo arrivo massiccio di migranti attraverso la rotta adriatica e ha deciso di inviare nei prossimi giorni una ventina di poliziotti di frontiera per supportare il governo albanese nei controlli ai suoi confini. Adriana Masotti ha intervistato Oliviero Forti, referente per l’immigrazione della Caritas italiana chiedendogli prima di tutto un commento al caso svedese:

R. – Mah, questi sono gli effetti prevedibili di una politica europea che non ha mai voluto riflettere seriamente su un sistema che è nato, a suo tempo – bisogna pur dire – per interessi di alcuni a scapito di altri. La Germania oggi sta pagando quello che l’Italia per anni ha dovuto subire, ovvero un regolamento – quello di Dublino – che impone, appunto, allo Stato di primo ingresso di prendersi completamente cura delle persone che giungono. Quindi, quello che sta avvenendo oggi in Germania, ripeto, è quello che abbiamo già visto per l’Italia, per la Grecia … E quindi è un ulteriore elemento che si aggiunge al più ampio quadro nel quale si chiede a piè sospinto – l’Italia in prima fila – di superare il Regolamento di Dublino.

D. – Quindi il superamento di questo Trattato sarebbe una cosa positiva …

R. – Non solo: è necessario e urgente. Su questo, ancora non si vedono segnali significativi, e soprattutto, è necessario implementare quel sistema di solidarietà che è quello della cosiddetta “relocation”, quindi ricollocamento in giro per l’Europa di chi arriva sulle nostre coste, perché solo in questo modo non solo potremmo dire che siamo di fronte a un’Europa solidale, ma potremmo dire che finalmente la politica europea sull’immigrazione e l’asilo sono una politica sostenibile.

D. – Ecco, a proposito della ridistribuzione: nei giorni scorsi, il commissario europeo Avramopulos ha detto: “Gli Stati membri devono accettare con urgenza i ricollocamenti”. Ma ci sono forti resistenze …

R. – Sì, questo l’abbiamo visto – purtroppo – fin dall’inizio e ad oggi ancora tutti i Paesi dell’Unione – perché qui non si tratta di “alcuni” – la stragrande maggioranza dei Paesi si rifiuta di vedere arrivare sul proprio territorio le persone che arrivano in Grecia o in Italia, lasciando quindi a questi due Paesi – a causa del Regolamento di Dublino – tutto il peso di una gestione che non è più sostenibile.

D. – Ma si riuscirà a superare questa difficoltà? Mi viene da pensare: l’Europa si sta un po’ perdendo, anche rispetto ai suoi bei principi …

R. – Sì … Io direi che si è persa. Perché quello a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno è emblematico nella misura in cui i principi di solidarietà, quelli fondativi dell’Unione, sono stati completamene ignorati e anche l’atteggiamento della Svezia – il primo caso da cui siamo partiti – ne è dimostrazione: il fatto di portare un altro Paese che sta vivendo con grande fatica ma anche con grande generosità questa vicenda davanti alla Corte europea, significa non aver chiaro dove ci si trova e quali siano, soprattutto, gli impegni presi nel momento in cui si è deciso di aderire a questa unione di Stati.

D. – Chiusa la rotta balcanica, si parla di possibili altre vie di arrivo dei migranti, tra cui la via adriatica, e l’Italia si sta allarmando in quanto la più vicina all’Albania: si rafforzeranno i confini albanesi, anche con l’aiuto di poliziotti italiani….

R. – Sicuramente, la rotta balcanica è quella sotto maggiore pressione ed è chiaro che la chiusura dei confini macedoni in particolare porterà, nella ridefinizione del progetto migratorio, molti profughi a immaginare l’Albania come nuovo fronte attraverso il quale raggiungere l’Unione Europea. Nei fatti, non ci sono elementi per pensare che ci si troverà di fronte a situazioni paragonabili a quella che abbiamo visto negli ultimi mesi in Macedonia o in altri Stati della rotta balcanica; ci si sta preparando a “governare” – io spero – non soltanto a “controllare” e a “respingere” queste persone, perché chiudere e sigillare la frontiera albanese non significa risolvere la questione. Le incognite sono molte. Chiaramente, questa albanese è una ulteriore incognita. L’Italia, a tutti i livelli – anche le nostre Caritas – si sta attivando in questo senso, cercando di dare il contributo necessario.

D. – E’ chiaro comunque che fino a che le crisi – almeno le più intense – non verranno risolte dall’altra parte del Mediterraneo, i flussi in qualche modo proseguiranno …

R. – Io credo che questa sia l’unica certezza che abbiamo, oggi.








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