2016-03-07 13:44:00

Yemen. Le suore dopo la strage: restiamo, non abbandoniamo i poveri


Le Missionarie della Carità non abbandoneranno la loro opera nello Yemen anche dopo il massacro di quattro loro consorelle e “continueranno a servire i poveri e i bisognosi”. “Madre Teresa - hanno ricordato - è sempre stata negli angoli più remoti del mondo, indipendentemente dalla situazione locale”. Lo riferisce l’Agenzia Fides. Intanto non si hanno ancora notizie di padre Tom Uzhunnalil, il sacerdote salesiano scomparso al momento dell’eccidio nel compound delle suore ad Aden. E’ invece in salvo e in buone condizioni la superiora che non è stata colpita quando, venerdì scorso, il commando di terroristi ha trucidato le 4 suore e 12 tra lavoratori e volontari. Sulla strage delle religiose, che ieri all'Angelus Papa Francesco ha definito martiri nell’indifferenza, Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente l’assistente del vicario apostolico per l’Arabia meridionale, padre Thomas Sebastian:

R. – Nel convento di Aden c’erano 5 suore e 60 pazienti anziani e altri:  alcuni lavoratori e volontari provenienti dall’Etiopia e dallo Yemen. C’era un sacerdote indiano salesiano. Ora è scomparso, non sappiamo dove sia, se sia stato rapito o se magari si nasconde da qualche parte. Non abbiamo sue notizie. Delle cinque suore, quattro sono state uccise dai terroristi ed una – indiana - è riuscita a fuggire. Le quattro suore uccise provenivano da diversi Paesi: una suora dall’India, due dal Rwanda e una dal Kenya. Queste suore morte sono ancora in ospedale; si stanno organizzando i funerali. Forse i militari le seppelliranno dove sono state sepolte le suore uccise nel ’98. Ma non sappiamo quando, forse tra pochi giorni. L’altra suora che è scappata sta bene, è in buona salute; sarà fatta uscire dallo Yemen tra uno o due giorni e andrà in Oman dove si trova la casa provinciale di queste suore.

D. - Cosa dire dell’eco tra la popolazione di questo eccidio?  

R. – Nei giornali indiani ho visto immagini di una manifestazione, una protesta davanti all’ufficio delle forze di sicurezza, per non aver provveduto ad una sicurezza sufficiente  per salvare le suore e le persone che si trovavano nel convento. Questo significa che la gente ha saputo dell’accaduto anche lì. Non so se ci sono testimoni che hanno visto esattamente cosa è successo. Ciò che  sappiamo lo apprendiamo dai giornali dei vari Paesi e dalla televisione. Ma tutto quello che noi leggiamo non è sempre la verità!

D. - Perché colpire delle suore così dedicate agli ultimi, secondo lei?

R. - Questa è la domanda che si pongono tutti. Forse ci sono nemici dei cristiani che non vogliono la presenza delle suore. Questa è la nostra impressione, perché per il governo non creava nessun problema la presenza dei nostri missionari, suore e sacerdoti. Anche i ribelli che lottano contro il governo non hanno mai avuto problemi con i nostri missionari. Allora chi ha fatto questo? Forse, oltre ai ribelli ci sono altri gruppi che non vogliono la presenza dei sacerdoti e delle suore. Il sacerdote è stato rapito forse per denaro, non lo so; per avviare dei negoziati, non lo so …

D. - La preghiera che ha nel cuore …

R. - Trovare il sacerdote che è stato rapito o che magari si sta nascondendo da qualche parte e portarlo fuori dallo Yemen. Questa è la nostra preoccupazione e il nostro desiderio. Preghiamo per questo.

D. - Pensando a  padre Tom, qual è la caratteristica della sua personalità, del suo impegno?

R. - Questo sacerdote salesiano è un uomo santo. Lui era l’unico sacerdote in quella parte dello Yemen, ad Aden. Aiutava le suore, celebrava la Messa, si prendeva cura di chi aveva bisogno. Celebrava la Messa per le famiglie indiane e cattoliche. Era responsabile anche di altre tre chiese che sono state chiuse durante la guerra. In queste chiese non viene celebrata nessuna cerimonia liturgica. Ad Aden invece il sacerdote risiedeva nel campo delle suore,  dove c’è il Centro per gli anziani, abitava lì ed aiutava come direttore spirituale. E’ un uomo santo: questo è quello che ho sentito dire dalle suore e l’ho anche conosciuto perché lavora nella nostra missione. L’ho visto qui più di una volta, siamo dello stesso Paese e apparteniamo alla stessa diocesi. Viene dall’India, dal Kerala, dalla diocesi di Palai. Lui però è salesiano mentre io sono cappuccino.








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