2016-03-07 14:00:00

Coree: al confine con il Nord la Chiesa lancia un appello di pace


Un appello ai governanti di Seoul e Pyongyang, alle nazioni che confinano con la Corea e al popolo, affinché si torni subito sul sentiero della pace e si dia alla penisola il potere di auto-determinare il proprio futuro. Lo firmano due vescovi cattolici – mons. Lazzaro You Heung-sik e mons. Pietro Lee Ki-heon – che guidano le commissioni episcopali per la Giustizia e la pace e per la Riconciliazione del popolo coreano. I due presuli hanno celebrato insieme ieri una Messa sul confine, nella diocesi di Uijeongbu, e hanno poi presentato l’appello.

Le ferite di un conflitto che provocano nuove tensioni e problemi sociali
Per 60 anni - scrivono i vescovi - abbiamo vissuto un armistizio, che non è la fine della guerra, e portiamo ancora addosso le ferite di questo conflitto nella nostra società. Queste a loro volta provocano nuove tensioni e nuovi problemi sociali. Se dovesse esplodere ancora una volta la guerra in Corea, con le nuove e potentissime armi a disposizione, il Sud e il Nord non potrebbero sopravvivere. Il Papa Pio XII ha detto che la pace non fa perdere nulla mentre la guerra fa perdere tutto. Perciò, affinché la Corea possa trovare la pace, la Chiesa cattolica coreana lancia tre appelli.

Il primo appello è rivolto ai governanti di Nord e Sud
Fermatevi, per favore! La situazione sembra non avere fine ma cercate, per favore, la via della forza e della sapienza per la pace! La sicurezza nazionale che sottolineate entrambi è la sicurezza dei popoli. Secondo questa interpretazione, dunque, la sicurezza migliore dovrebbe essere la sicurezza per entrambi. Per diventare simboli della pace e non del conflitto, in Corea si dovrebbero svolgere incontri, conversazioni, scambi e collaborazioni tra il Sud e il Nord. Per ottenere queste cose, però - sottolineano i vescovi - si dovrebbero rispettare le dichiarazioni e gli accordi che nonostante le difficoltà i due lati hanno già contratto. Questi vanno mantenuti e poi sviluppati. Si deve ripensare alla chiusura della zona industriale di Kaesong, che è il segno dello scambio, della collaborazione, dell’unificazione e della pace tra il Sud e il Nord. Non dobbiamo dimenticare che l’unificazione della Corea che tutti vogliamo è il frutto che nasce dalla pace.

Il secondo appello è alle nazioni confinanti
La nostra nazione è stata colonizzata dal Giappone e dopo la II Guerra mondiale è stato divisa senza che venisse interrogata la nostra volontà. A causa di questo trattamento abbiamo subito dolori e ferite per decine di anni. Al contrario la Germania, dopo aver perso la guerra, è stata sì divisa come la Corea, però sta festeggiando il 26mo anniversario dell’unificazione nazionale. È chiaro che il problema della Corea non è un problema della nostra razza - osservato i presuli sudcoreani - ma è collegato con le nazioni che la circondano. Speriamo che vogliate riaprire i “Colloqui a sei sul disarmo nucleare”. Ci appelliamo a tutti voi: riconoscete che la pace della Corea contribuirà alla pace nell’Asia del Nord-Est e partecipate in maniera positiva al nostro viaggio verso la pace.

Il terzo appello è al popolo della Corea e ai cristiani
La pace vera è possibile solo attraverso il perdono e la riconciliazione (cfr. S. Giovanni Paolo II, XXXII Giornata Mondiale della Pace). Dobbiamo allontanarci dal pensiero della guerra fredda, che ci porta alla rovina - scrivono i vescovi - e aprire un nuovo periodo per le generazioni future. Lasciamo il campo consunto delle ideologie, accettiamo la varietà nell’ordine della fondazione democratica, e troviamo la strada della pace sul sentiero della verità e della giustizia. Gesù ha detto ai suoi apostoli, prima della sofferenza e della morte sulla Croce: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.” (Gv 14,27). La pace che il nostro Signore ci ha promesso non è mai la situazione incerta e costrittiva che viene dalla forza delle armi. La pace che il Signore ci chiede è la pace della tolleranza e della convivenza sulla base della giustizia di Dio e dell’amore di Dio.

Il primo dovere è la preghiera
Attraverso la preghiera, la Chiesa partecipa all’impegno per la pace. Con la preghiera dobbiamo trovare la volontà di Dio e chiedere l’aiuto del Signore. In un periodo come quello attuale, in cui il Paese ha tante difficoltà, dobbiamo far ripartire il movimento di preghiera che tante volte ha già salvato la Corea. Gli scambi e le collaborazioni tra il Sud e il Nord sono un “dovere dell’amore” per noi fedeli, che non possiamo rifiutare. Se con la forza delle preghiere - conclude l'appello dei vescovi sudcoreani - anche la misericordia del Signore solidarizziamo insieme e agiamo e anche conseguiamo, potrà realizzare “la tua volontà, come in cielo così in terra.” (Traduzione a cura di AsiaNews)








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