2016-03-06 11:00:00

Arcivescovo Toronto: no eutanasia, promuovere cure palliative


“Morire non è la stessa cosa di essere uccisi”: si apre così la dichiarazione diffusa dal cardinale Thomas Collins, arcivescovo di Toronto, in Canada, riguardante il dibattito nazionale sull’eutanasia. Lo scorso 25 febbraio, infatti, il “Comitato speciale del governo canadese sull’aiuto medico a morire” ha pubblicato un rapporto intitolato “L’aiuto medico a morire: un approccio incentrato sul paziente”.

Uccidere non è una cura medica 
In tale rapporto governativo si raccomanda che “il suicidio assistito sia accessibile alle persone affette da patologie psichiatriche; che le sofferenze psicologiche rientrino tra i criteri che danno diritto a tale pratica; che, nell’arco di tre anni, il suicidio assistito sia accessibile anche ai minori di 18 anni; che tutti i professionisti del settore sanitario siano obbligati ad orientare correttamente i pazienti che chiedono il suicidio assistito; che tutte le strutture sanitarie sovvenzionate dallo Stato canadese offrano tale pratica”. Di conseguenza, sottolinea il cardinale Collins, “a breve, uccidere un paziente non sarà più considerato un crimine, bensì sarà visto come una sorta di cura medica, approvata e regolamentata dalla legge”.

Non permettere obiezione di coscienza significa discriminazione religiosa
Non solo: il porporato evidenzia come “la richiesta, per un medico che rifiuti di uccidere un paziente, di garantire che qualcun altro lo faccia al posto suo, è una grave violazione della coscienza che non si verifica in nessun altro Paese al mondo”. “È ingiusto – ribadisce l’arcivescovo di Toronto – forzare le persone ad agire contro la propria coscienza” perché è un atto di “intolleranza e di discriminazione religiosa che punisce coloro che si mettono al servizio dei bisognosi”. In questo caso, “uno Stato che oltrepassa il suo legittimo ruolo – aggiunge il porporato – è uno Stato che sopprime i diritti della coscienza”.

Cure palliative siano accessibili a tutti
Poi, il cardinale Collins richiama l’importanza delle cure palliative: al momento, “esse sono accessibili solo al 30 per cento della popolazione” e questa è “la vera tragedia, inaccettabile”. “Invece di trovare i modi per accelerare la morte, allora – è il richiamo del porporato – bisognerebbe far sì che le cure palliative siano accessibili a tutti i canadesi, in particolare a coloro che soffrono di malattie mentali o che sono tentati dal suicidio”.

Tutelare dignità umana intrinseca in ogni persona
Quindi, il porporato si sofferma sul valore intrinseco della persona che “non deriva da cosa può fare, ma dalla sua dignità intrinseca in quanto essere umano”. Se invece, che “si fa dipendere la dignità della persona dalle sue capacità funzionali, la società entra in un territorio pericoloso in cui le persone vengono considerate meri oggetti, da scartare se ritenuti inutili”. La nota del porporato si conclude, quindi, con l’appello a “tenere a mente la dignità inerente ad ogni persona” ed a “comprendere fino in fondo le implicazioni distruttive di simili proposte normative”, di fronte alle quali bisogna offrire “alternative di vero amore e di vera misericordia”. (I.P.)








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