2016-03-05 10:42:00

Turchia. Polizia irrompe nella sede del giornale Zaman


La Commissione europea segue con preoccupazione quanto sta avvenendo in Turchia. Ieri sera, la polizia ha fatto irruzione nella sede del giornale "Zaman", in seguito alla decisione di un tribunale di commissariare il gruppo editoriale che controlla il quotidiano d'opposizione più diffuso del Paese. L’accusa è di propaganda terroristica. Il servizio di Eugenio Bonanata:

Cannoni ad acqua e gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti che si erano radunati all’esterno della struttura, dopo la decisione del tribunale. In questo modo, la polizia è entrata nella sede del gruppo editoriale Feza, a Istanbul, con l’obiettivo di scortare i nuovi manager nominati dai giudici e allontanare i dipendenti del quotidiano. Il provvedimento si basa sull’accusa di “propaganda terroristica” a favore del presunto “Stato parallelo” creato dal magnate Fethullah Gulen, ex alleato del presidente turco Erdogan poi diventato suo nemico giurato. Una mossa che ha scatenato le proteste dei partiti di opposizione e della stampa indipendente turca, già sotto pressione in questi mesi. E sono arrivate condanne anche dall'estero, con il Consiglio d'Europa che parla di grave interferenza nella libertà dei media, che non dovrebbe avere luogo in una società democratica. Eppure, in Turchia non è la prima volta che succede una cosa del genere. Alla vigilia delle elezioni anticipate di novembre, sempre per i legami con Gulen, è toccato ad altri due giornali e due emittenti televisive del gruppo Ipek. Sotto l'amministrazione controllata hanno assunto una linea editoriale filogovernativa.

Per un commento sulla situazione nel Paese, Eugenio Bonanata ha intervistato Alberto Rosselli, esperto di area mediorientale e anatolica:

R. – Purtroppo, Erdogan negli ultimi cinque anni ha manifestato una politica fortemente accentratrice e non solo politicamente, ma anche fortemente intollerante nei confronti delle voci del dissenso. Diciamo che è un ulteriore passo indietro rispetto ai principi laicisti di Ataturk, che in un certo modo avevano cercato di modificare il vecchio assetto islamico per portarlo verso una sponda più occidentale.

D. – Come ne esce il concetto di democrazia e di pluralismo?

R. – È un episodio di intolleranza nei confronti di quella che è una voce "contro". Ma sappiamo bene che nel gioco democratico è naturale che un leader o un presidente di una nazione così importante e grande come la Turchia debba in qualche modo fare fronte anche a quella che è una contestazione civile interna. Al di là di ogni considerazione, questo è un passo indietro che ha conseguenze anche circa la possibilità di un’entrata della Turchia in Europa, come è stata ventilata più volte. I parametri democratici non vengono ormai rispettati da anni, lo si è visto nelle manifestazioni di piazza dell’anno scorso e nella repressione da parte della polizia. E' un regime che si sta avviando verso una fisionomia sempre più autoritaria.

D. – A cosa possono servire le prese di posizione della comunità internazionale?

R. – Le pressioni internazionali possono servire nella misura in cui possono condizionale Erdogan a non agire in un certo modo, cioè ad agire con maggiore chiarezza soprattutto nella politica internazionale. Queste pressioni però fanno riscontro a continui e ripetuti appelli circa la necessità che la Turchia debba entrare in Europa, lo ha detto recentemente anche  il ministro Gentiloni. E sono affermazioni contrastanti perché se è vero che la Turchia ha raggiunto determinati parametri dal punto di vista economico, che possono in qualche modo avvicinarla a quello che è il panorama europeo, la situazione è diversa per quello che riguarda i diritti civili e quelli dell’individuo. Quindi, le nazioni soprattutto quelle europee che hanno degli interessi molto specifici con la Truchia – interessi di tipo economico e finanziario – certamente fanno delle pressioni ufficiali, ma in realtà nella sostanza si continua a dire che tutto sommato la Turchia può rimanere un partner affidabile, soprattutto nell’ambito della guerra contro il terrorismo.

D. – Dopo questo atto della magistratura turca, quali possono essere le conseguenze sulla politica interna?

R. – Sono gravissime, perché se la magistratura turca avalla quella che è la politica e la volontà dell’esecutivo ordinando la chiusura di un giornale e sostituendo addirittura sia la direzione che i giornalisti stessi che ci lavorano, mi sembra un fatto di una gravità eccezionale.








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