Ha vinto il fronte del “no” alle due votazioni popolari che si sono svolte ieri in Svizzera, la prima riguardante la famiglia e la seconda gli stranieri che commettono reati. Entrambi gli esiti delle urne sono stati commentati dalla Conferenza episcopale elvetica, con due note distinte, ma dal diverso contenuto: nel primo caso, infatti, i vescovi esprimono rammarico per il risultato della votazione; nel secondo caso, invece, soddisfazione.
Grande diversità di opinioni sul tema del matrimonio e della famiglia
Il primo quesito riguardava l’iniziativa "Per il matrimonio
e la famiglia – No agli svantaggi per le coppie sposate”, che si poneva l’obiettivo
di non penalizzare le famiglie dal punto di vista fiscale. Attualmente, infatti, nel
Paese elvetico, il calcolo delle imposte per le coppie sposate prevede che i redditi
dei coniugi vengano cumulati, mentre i conviventi vengano tassati individualmente.
Cosicché, una coppia sposata, e quindi con doppio reddito, paga un’imposta più elevata
rispetto ad una coppia convivente. L’iniziativa è stata bocciata dalla popolazione,
un risultato che “non ha sorpreso i vescovi svizzeri”, si legge nella nota episcopale,
dato che già l’ultimo Sinodo generale dei vescovi sulla famiglia, svoltosi in Vaticano
lo scorso ottobre, “aveva chiaramente dimostrato una grande diversità di opinioni
all’interno della Chiesa e della società sul modo migliore di sviluppare e rafforzare
il matrimonio e la famiglia”.
Evidenziata comunque importanza della famiglia per presente e futuro della
società
Tuttavia, la Ces sottolinea che tale iniziativa ha raggiunto comunque uno dei suoi
obiettivi, ossia “mettere in evidenza l’alto valore posto sulla famiglia dalla popolazione
elvetica”. “Molti oppositori dell’iniziativa, infatti – conclude la nota – hanno ugualmente
sottolineato l’importanza fondamentale dei nuclei familiari per il presente ed il
futuro della società”.
Soddisfazione per il no al referendum su stranieri che commettono reati
Al contrario, la vittoria del no al referendum sugli stranieri che commettono reati
ha suscitato soddisfazione tra i vescovi svizzeri. Il quesito referendario riguardava
una proposta avanzata dall’Unione democratica di centro e che prevedeva, per gli stranieri
che commettono crimini passibili di una pena superiore a tre anni, l’espulsione dalla
Svizzera, e quindi il rimpatrio automaticamente nei loro Paesi d’origine, per un periodo
che andasse dai cinque ai quindici anni. I reati in questione erano gli omicidi, la
violenza carnale, furto aggravato, la tratta di esseri umani, il traffico di droga,
ma anche le lesioni semplici, l’incendio intenzionale e la contraffazione di monete.
Occorre politica legislativa ragionevole
Nella nota diffusa dalla Commissione Giustizia e pace, si ribadisce che “la proposta
era inutile, irrispettosa ed ingiusta”, anche perché “una pena equa” per un reato
commesso “deve essere anche proporzionata”. I presuli svizzeri, inoltre, sottolineano
che la discussione politica sull’argomento ha lasciato spesso il posto “alle polemiche”,
più che ai contenuti; di qui, l’auspicio che, “dopo l’esito della votazione, si possa
tornare ad una politica legislativa ragionevole sul tema degli stranieri, dei rifugiati
e dei migranti”.
Giudicare le azioni, non le persone in quanto tali
Infatti, sottolinea la Commissione episcopale, “al centro della concezione dell’uomo,
così come la intende la fede cristiana, c’è il principio che bisogna giudicare le
azioni, non le persone in quanto tali”. Per questo, “i diritti umani valgono anche
per gli stranieri, anche per coloro che hanno commesso atti illeciti”, mentre l’iniziativa
proposta, “con il suo rigore, era in contraddizione con i principi della dignità umana
e della misericordia”. Infine, la Commissione Giustizia e pace ringrazia “tutti coloro
che si sono impegnati con forza e convinzione per respingere tale progetto” ed “accoglie
con favore la decisione presa dal popolo svizzero”. (I.P.)
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